Uno sguardo d'insieme sulla produzione normativa intervenuta di recente evidenzia un organico tentativo di risistemazione complessiva in materia di contratti flessibili.
In tal senso, diversi provvedimenti hanno ridisegnato la disciplina relativa all'apprendistato, al contratto a termine e al lavoro accessorio (definito attualmente come prestazioni di lavoro occasionale).
L'apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani. In generale, possono essere assunti con contratto di apprendistato i soggetti di età compresa tra i 15 ed i 29 anni (i limiti di età variano a seconda della tipologia di apprendistato) per un periodo minimo di sei mesi, salvo quanto previsto in casi particolari, mentre la durata massima si differenzia a seconda della tipologia di apprendistato.
Attualmente ne sono previste tre tipologie:
Dal 1° gennaio 2007 sono stati introdotti degli strumenti volti ad incentivare tale misura. In particolare, la contribuzione dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti (generalmente pari al 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali) è stata ridotta all'1,50% per i periodi contributivi maturati nel primo anno di contratto e al 3%, per i periodi contributivi maturati nel secondo anno di contratto.
La legge di bilancio per il 2018 ha stanziato risorse per il potenziamento della formazione e dell'apprendistato, prevedendo, in particolare, stanziamenti, a decorrere dal 2018, nelle seguenti misure annue (come modificate da ultimo dalla legge di bilancio 2020, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione:
Sempre in tema di incentivi all'assunzione di apprendisti, la legge di bilancio per il 2018 ha introdotto, in favore dei datori di lavoro privati, una riduzione dei contributi previdenziali pari al 100 per cento della medesima base contributiva per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2018, entro sei mesi dall'acquisizione del titolo di studio, di studenti che hanno svolto presso il medesimo datore attività di alternanza scuola-lavoro (pari almeno al 30 per cento delle ore di alternanza previste) o periodi di apprendistato.
Inoltre, la legge di bilancio 2020, l'art. 15-bis, co. 2, del D.L. 134/2020 e la legge di bilancio 2022 hanno disposto uno sgravio contributivo integrale per i contratti di apprendistato di primo livello per la qualifica e il diploma professionale stipulati nel 2020, nel 2021 e nel 2022, in favore dei datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a 9. Lo sgravio si applica per i periodi contributivi maturati nei primi tre anni di contratto, restando fermo il suddetto livello del 10% di aliquota per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al terzo.
Il contratto di lavoro a tempo determinato si caratterizza per la preventiva determinazione della durata, estinguendosi automaticamente allo scadere del termine inizialmente fissato. Il decreto legge numero 87 del 2018 ha apportato sostanziali modifiche alla disciplina del suddetto contratto (contenuta nel decreto legislativo numero 81 del 2015), con riferimento ai limiti di durata, ai limiti ed ai presupposti per i rinnovi e le proroghe, alla forma del contratto, al termine di decadenza per l'impugnazione del contratto medesimo, specificando che le modifiche si applicano ai contratti stipulati successivamente all'entrata in vigore del decreto (12 agosto 2018), nonché ai rinnovi ed alle proroghe (dei contratti a termine) successivi al 31 ottobre 2018.Vengono esclusi dall'ambito di applicazione delle suddette modifiche i contratti di lavoro a termine stipulati dalle pubbliche amministrazioni.
Attualmente, il contratto a termine può avere una durata massima pari a 12 mesi. La durata può essere superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni (causali)::
Riguardo alla portata del citato art. 41-bis del D.L. 7/2021, in una nota l'Ispettorato nazionale del lavoro ha chiarito che dopo il 30 settembre 2022 sarà possibile stipulare un primo contratto a termine di durata superiore ai 12 mesi solo per le esigenze definite dalle lettere a) e b). Diversamente le regole in materia di rinnovi e proroghe, che non sono condizionate temporalmente e, pertanto, sarà possibile prorogare o rinnovare i contratti a termine in ragione delle causali previste dalla contrattazione collettiva, anche successivamente al 30 settembre 2022.
In generale, i nuovi limiti trovano applicazione anche per le ipotesi di proroghe o rinnovi dei contratti a termine, secondo lo stesso principio già vigente con riferimento al limite dei 36 mesi, costituito dal computo della durata dall'inizio del primo rapporto.
Inoltre, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori a tempo determinato, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.
Per quanto concerne le proroghe e i rinnovi, si consente per le prime la proroga libera, nel rispetto del limite dei 12 mesi, mentre la possibilità di rinnovo risulta subordinata, anche nell'ambito dei 12 mesi, alla sussistenza delle suddette causali, introdotte, in via principale, per la possibilità di elevamento del limite da 12 a 24 mesi.
In caso di assenza delle ipotesi specifiche che giustifichino il superamento - con un unico contratto ovvero mediante proroghe - del limite dei 12 mesi, il contratto si trasforma a tempo indeterminato. Nel caso di un unico contratto che superi il suddetto limite, il rapporto si considera a tempo indeterminato a decorrere dalla medesima data di superamento. L'effetto di trasformazione del contratto a tempo indeterminato consegue altresì a tutti i casi di rinnovo in cui siano assenti le ipotesi specifiche che giustifichino il medesimo rinnovo.
Nel settore pubblico la disciplina generale sui contratti di lavoro dipendente a tempo determinato è dettata dall'art. 19 del D.Lgs. 81/2015 nel testo previgente alle modifiche introdotte dal richiamato D.L. 87/2018 (testo previgente a cui fanno rinvio, per i pubblici dipendenti, l'art. 36, co. 2, del D.Lgs. 165/2001 e l'art. 1, co. 3, del D.L. 87/2018). In base a tale disciplina, la durata di un contratto o di un complesso di rapporti a termine tra il datore di lavoro pubblico e il dipendente non può superare il limite di trentasei mesi. Inoltre, si ricorda che la disciplina delle causali non concerne i dipendenti pubblici, per i quali ha continuato a trovare applicazione la disciplina sui contratti a termine previgente rispetto alle novelle operate dal medesimo articolo 1 del D.L. n. 87.
Riguardo, più in particolare, alle fattispecie di successione di contratti a termine, resta fermo (in base all'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo numero 81 del 2015, come parzialmente novellato dal decreto legge numero 87 del 2018) che:
Resta inoltre fermo che, oltre i limiti summenzionati, un ulteriore contratto a tempo determinato, con durata massima di 12 mesi, può essere stipulato presso l'Ispettorato del lavoro territorialmente competente.
Riguardo alle attività stagionali, si prevede che i rinnovi e le proroghe dei contratti a termine possano essere concordati anche in assenza delle summenzionate esigenze specifiche.
Viene inoltre ridotto da 5 a 4 il numero massimo di proroghe possibili per il contratto di lavoro a tempo determinato - fermi restando il rispetto dei limiti massimi di durata summenzionati.
Nell'ipotesi di una quinta proroga, il contratto si considera pertanto a tempo indeterminato a decorrere da quest'ultima (in conformità al principio finora vigente con riferimento alla fattispecie di una sesta proroga).
I limiti relativi al numero di proroghe non si applicano alle imprese start up innovative, per il periodo di 4 anni dalla costituzione della società, nonché alle fattispecie escluse dalla disciplina generale del contratto di lavoro a termine.
Riguardo al numero complessivo di contratti a termine, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, non si possono assumere lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione (con un arrotondamento del decimale all'unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5
Si ricorda che per le riassunzioni a tempo determinato (con soluzioni di continuità rispetto al precedente rapporto) resta vigente il divieto di ricorrere ad esse entro un determinato periodo; quest'ultimo decorre dalla scadenza del precedente contratto a termine ed è pari a 10 giorni qualora il medesimo contratto avesse una durata pari o inferiore a 6 mesi, ovvero a 20 giorni qualora la durata del precedente contratto fosse superiore a 6 mesi. Nell'ipotesi di violazione del divieto suddetto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato. Il divieto non si applica alle imprese start up innovative, per il summenzionato periodo di 4 anni, alle attività stagionali, alle ipotesi individuate dai contratti collettivi.
Sono esclusi dalla suddetta normativa:
In particolare, dopo che il decreto legge numero 76 del 2013 (articoli 7 e 9), ha ampliato l'ambito applicativo dell'istituto (escludendo che le prestazioni dovessero avere "natura meramente occasionale") e soppresso la previsione in base alla quale, nell'ambito dell'impresa familiare, doveva trovare applicazione la normale disciplina contributiva del lavoro subordinato, la disciplina dell'istituto era confluita negli articoli da 48 a 50 del decreto legislativo numero 81 del 2015.
La nuova disciplina ha disposto, in particolare, l'innalzamento da 5.000 euro a 7.000 euro (annualmente rivalutati) nel corso di un anno civile e con riferimento alla totalità dei committenti, del limite massimo entro cui deve rientrare la retribuzione perché la prestazione possa configurarsi come lavoro accessorio. Fermo restando il suddetto limite di 7.000 euro, nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente. Tale previsione si applica anche al settore agricolo, con rifermento a specifiche attività. Il limite è invece pari a 3.000 euro di compenso per anno civile (anch'essi oggetto di rivalutazione annua) per i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, che possono rendere prestazioni di lavoro accessorio nell'ambito di qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali. L'INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.
Per quanto concerne il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico, questo è consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno.
Sono stati inoltre introdotti il divieto di ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio per l'esecuzione di appalti di opere o servizi (ad eccezione di specifiche ipotesi individuate con DM da adottare entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto in esame) e l'obbligo, per gli imprenditori e i professionisti, di comunicare, prima dell'inizio della prestazione, alla Direzione territoriale del lavoro competente, con modalità telematiche (anche attraverso sms o posta elettronica), i dati anagrafici e il codice fiscale del lavoratore, nonché il luogo della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi.
In materia di buoni orari, la nuova disciplina dispone che questi possono essere acquistati da committenti imprenditori o professionisti, esclusivamente attraverso modalità telematiche, e da committenti non imprenditori o non professionisti, anche presso le rivendite autorizzate. In attesa dell'emanazione di un apposito DM per la determinazione del valore nominale dei buoni orari, esso resta fissato in 10 euro (mentre nel settore agricolo è pari all'importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale).
Per quanto riguarda la tracciabilità dei voucher, il decreto legislativo numero 185 del 2016 (decreto correttivo del jobs act), con l'obiettivo di frenari abusi e comportamenti elusivi delle norme, ha disposto che i committenti imprenditori non agricoli o professionisti che ricorrono a prestazioni di lavoro accessorio sono tenuti a darne comunicazione all'Ispettorato nazionale almeno 60 minuti prima dell'inizio della prestazione e, indicando non solo i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, ma anche il giorno e l'ora di inizio e di fine della prestazione (i committenti imprenditori agricoli sono tenuti a comunicare, nello stesso termine e con le stesse modalità, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a 3 giorni).
La soppressione del'istituto: il decreto legge numero 25 del 2017
Una repentina inversione di rotta nell'evoluzione normativa dell'istituto si è avuta con l'articolo 1 del decreto legge numero 25 del 2017, il quale ha disposto la soppressione della disciplina del lavoro accessorio, (attraverso l'abrogazione degli articoli da 48 a 50 del decreto legislativo numero 81 del 2015), prevedendo tuttavia un regime transitorio per i buoni già richiesti fino al 17 marzo 2017 (data di entrata in vigore del decreto-legge), i quali possono essere utilizzati fino al 31 dicembre 2017.
La soppressione dell'istituto è intervenuta successivamente alla decisione della Corte costituzionale dell'11 gennaio 2017, che ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della normativa vigente in materia di lavoro accessorio.
Prestazioni di lavoro occasionale: il decreto legge numero 50 del 2017 e il decreto legge numero 87 del 2018
A seguito della soppressione della normativa sul lavoro accessorio ad opera della legge numero 25 del 2017, l'articolo 54-bis del decreto legge numero 50 del 2017 ha introdotto una nuova disciplina delle prestazioni di lavoro occasionale, successivamente parzialmente modificata ed integrata dalla Legge di bilancio 2018 prima e dal decreto legge numero 87 del 2018 poi.
Le suddette prestazioni sono definite come le attività lavorative che danno luogo (in un anno civile) a compensi (esenti da imposizione fiscale, non incidenti sull'eventuale staso di disoccupazione e computabili ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno) complessivamente non superiori:
In linea generale, in caso di superamento, da parte di un utilizzatore diverso da una pubblica amministrazione, del limite di 2.500 euro, o comunque di durata della prestazione superiore a 280 ore nell'arco dello stesso anno civile, il rapporto di lavoro si trasforma a tempo pieno e indeterminato. È prevista una sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 per ogni prestazione lavorativa giornaliera in cui risulta accertata la violazione.
Per quanto attiene il limite di reddito degli utilizzatori, alcuni compensi dei prestatori sono computati al 75% del loro importo, purché i prestatori stessi autocertifichino la relativa condizione. Si tratta: dei titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità; dei giovani con meno di 25 anni di età (se regolarmente iscritti a un ciclo di studi scolastico o universitario); delle persone disoccupate; dei percettori di prestazioni integrative del salario, di reddito di inclusione (REI) ovvero di altre prestazioni di sostegno del reddito. Per prestazioni da rendere a favore di imprese del settore agricolo, il prestatore è tenuto ad autocertificare, nella piattaforma informatica di cui al comma 9, di non essere stato iscritto nell'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.
Si ricorda che i soggetti operanti nel settore agricolo e in quello del turismo possono ricorrere a prestazioni di lavoro occasionale solo per le attività lavorative rese dai suddetti soggetti.
Alle prestazioni di lavoro occasionale possono ricorrere le persone fisiche, gli altri utilizzatori e le società sportive professionistiche
Per quanto concerne le persone fisiche (non nell'esercizio dell'attività professionale o d'impresa) e le società sportive, possono ricorrere a prestazioni occasionali utilizzando il Libretto Famiglia, cioè un apposito libretto nominativo prefinanziato, acquistabile presso l'INPS o gli uffici postali, e utilizzabile per il pagamento delle prestazioni occasionali rese nell'ambito di:
Ogni Libretto Famiglia contiene titoli di pagamento con valore nominale di 10 euro per prestazioni non superiori ad un'ora; di tale somma 1,65 euro e 0,25 euro sono a carico dell'utilizzatore, rispettivamente per la contribuzione alla Gestione separata e per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro; 0,10 euro sono invece destinati al finanziamento degli oneri gestionali; gli utilizzatori, devono comunicare con specifiche modalità entro il terzo giorno del mese successivo alla prestazione tutti i dati relativi al prestatore e alla prestazione;
Per quanto concerne gli altri utilizzatori, possono ricorrere a prestazioni occasionali mediante uno specifico contratto di prestazione occasionale.
Per l'attivazione di tale contratto, ciascun utilizzatore deve versare (attraverso la piattaforma informatica INPS) le somme dovute, secondo specifiche modalità. L'1% degli importi versati è per il finanziamento degli oneri gestionali.
La misura minima del compenso è pari a 9 euro (per il settore agricolo è invece pari all'importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale). Sono interamente a carico dell'utilizzatore la contribuzione alla Gestione separata (33% del compenso) e il premio dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (3,5% del compenso).
L'utilizzatore è tenuto a trasmettere almeno un'ora prima dell'inizio della prestazione una dichiarazione contenente, tra l'altro: i dati anagrafici e identificativi del prestatore; il luogo di svolgimento della prestazione; l'oggetto della prestazione; la data e l'ora di inizio e di termine della prestazione ovvero, se si tratta di imprenditore agricolo, di azienda alberghiera o struttura ricettiva che opera nel settore del turismo o di ente locale, la data di inizio e il monte orario complessivo presunto con riferimento a un arco temporale non superiore a dieci giorni; il compenso pattuito per la prestazione, in misura non inferiore a 36 euro, per prestazioni di durata non superiore a quattro ore continuative nell'arco della giornata, fatto salvo quanto stabilito per il settore agricolo in materia di compenso È vietato l'utilizzo del contratto di prestazione occasionale:
Il prestatore ha diritto alla copertura previdenziale, assicurativa e infortunistica, ed ha l'obbligo di iscrizione alla Gestione separata INPS. Trovano inoltre applicazione nei confronti del prestatore le disposizioni vigenti in materia di riposo giornaliero e settimanale e delle pause, e quelle in materia di sicurezza sul lavoro (la cui applicazione però, è circoscritta ai prestatori che svolgano la prestazione a favore di un committente imprenditore o professionista). Invece, non possono essere acquisite prestazioni di lavoro occasionali da soggetti con i quali l'utilizzatore abbia in corso (o abbia cessato) da meno di 6 mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa.
È previsto l'obbligo di registrazione (con relativi adempimenti), per gli utilizzatori e i prestatori che vogliono utilizzare le prestazioni occasionali, in un'apposita piattaforma informatica, gestita dall'INPS, che supporta le operazioni di erogazione e di accreditamento dei compensi e di valorizzazione della posizione contributiva dei prestatori attraverso un sistema di pagamenti elettronici. La registrazione e i relativi adempimenti possono essere svolti tramite i consulenti del lavoro (tramite i patronati esclusivamente ai fini dell'accesso al Libretto Famiglia).
Sia per il Libretto Famiglia, sia per il contratto di prestazione occasionale, l'INPS provvede al pagamento del compenso entro il 15 del mese successivo alla prestazione, mediante specifico accredito su c/c bancario o bonifico bancario (con oneri in quest'ultimo caso a carico del prestatore). L'INPS, inoltre, attraverso la richiamata piattaforma informatica, provvede all'accreditamento dei contributi previdenziali e al trasferimento all'INAIL dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nonché dei dati sulle prestazioni di lavoro occasionale nel periodo di riferimento.
Al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell'utilizzo di tale tipologia contrattuale, l'art. 13 del D.L. 146/2021 dispone che l'avvio dell'attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all'Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica.
Infine, anche le pubbliche amministrazioni possono fare ricorso al contratto di prestazione occasionale (nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale), ma esclusivamente per esigenze temporanee o eccezionali:
Alle pubbliche amministrazioni, inoltre, non si applica il divieto di utilizzo del contratto di prestazione occasionale previsto per i datori di lavoro con più di 5 dipendenti in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, né l'istituto della trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Il D.L. n. 101/2019, modificando il D.Lgs. n. 81/2015, ha introdotto norme specifiche a tutela del lavoro svolto mediante piattaforme digitali e, in particolare, dei lavoratori "dotati di mezzi propri di locomozione, che ricevono istruzioni su cosa e dove consegnare attraverso piattaforme digitali" (c.d. riders).
La qualificazione del rapporto di lavoro di tali lavoratori – non potendosi individuare una soluzione ex lege con valenza generale – è effettuata in funzione delle caratteristiche e delle modalità effettive di svolgimento del rapporto.
In dettaglio, la normativa riconosce tutele differenziate a seconda che l'attività sia riconducibile alla nozione generale di etero-organizzazione (ossia una prestazione "le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente") o a quella di lavoro autonomo, ferma restando la possibilità che l'attività sia invece qualificabile quale prestazione di lavoro subordinato ai sensi dell'art. 2094 del codice civile, qualora il lavoratore sia soggetto al potere direttivo, disciplinare e organizzativo della piattaforma.
Più in particolare, rientrano tra le collaborazioni etero-organizzate alle quali si applica la c.d. presunzione di subordinazione (art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015) i rapporti di collaborazione che si concretizzano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità esecutive siano organizzate dal committente, anche mediante piattaforme digitali. In tale fattispecie, ai riders si estende la disciplina del rapporto di lavoro subordinato, salvo che esistano accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che prevedano discipline specifiche sul trattamento economico e normativo.
Qualora, invece, i riders svolgano una prestazione di carattere occasionale priva del carattere di continuità richiesto dall'art. 2, la disciplina di riferimento è quella relativa al lavoro autonomo. Il citato D.L. n. 101/2019 ha, infatti, dettato una disciplina specifica per i lavoratori autonomi che "svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l'ausilio di velocipedi o veicoli a motore, attraverso piattaforme anche digitali", inserita nel capo V-bis del D. Lgs. n. 81/2015, dedicato alla "tutela del lavoro tramite piattaforme digitali". Sulla base di tale disciplina, è riconosciuto al collaboratore un maggiore grado di autonomia decisionale in ordine alle modalità esecutive delle prestazioni.
A tali lavoratori il D. Lgs. n. 81/2015 riconosce un pacchetto minimo di tutele, limitandosi a valorizzare taluni indici ritenuti significativi (personalità, continuità, etero-organizzazione) sufficienti a giustificare l'applicazione della disciplina dettata per il rapporto di lavoro subordinato, esonerando da ogni ulteriore indagine il giudice che ravvisi la concorrenza di tali elementi.
Il livello minimo della tutela delineato nel D. Lgs. n. 81/2015, in particolare, concerne:
Si segnala, infine, che l'art. 12-sexies del D.L. 21/2022 ha altresì escluso dall'obbligo di comunicazione preventiva all'Ispettorato nazionale del lavoro l'avvio di attività dei lavoratori autonomi occasionali intermediate da piattaforma digitale. Resta fermo invece obbligo di comunicazione successiva relativo alle medesime attività (ex art 27, co 2-decies, DL 152/2021).
Osservatorio permanente in materia di tutela del lavoro tramite piattaforme digitali
Presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è stato istituito un Osservatorio permanente in materia di tutela del lavoro tramite piattaforme digitali, presieduto dal Ministro o da un suo delegato e composto da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (cfr. D.M. 131/2020 ex art. 47-octies).
Inoltre, il D.L. n. 152/2021 ha introdotto all'art. 9-bis del D.L. n. 510/1996 l'obbligo di eseguire comunicazioni obbligatorie anche con riferimento ai riders.
Il 24 marzo 2021 è stato firmato il Protocollo Quadro sperimentale per la legalità contro il caporalato, l'intermediazione illecita e lo sfruttamento lavorativo nel settore del food delivery (Prot. 24 marzo 2021) e, al fine di sottoporre a particolare attenzione l'implementazione del Protocollo Quadro sperimentale, è stato istituito un Tavolo di Governance e Monitoraggio a cui partecipano i rappresentanti delle Parti che hanno sottoscritto il Protocollo.
Si segnala che il 9 marzo 2022 presso l'XI Commissione (Lavoro) della Camera dei deputati si è conclusa l'indagine conoscitiva sui lavoratori che svolgono attività di creazione di contenuti digitali, finalizzata a delineare le caratteristiche e a circoscrivere l'inquadramento giuridico e le forme di tutela dei creatori di contenuti digitali, la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro intercorrente tra creatori di contenuti e le piattaforme digitali tramite le quali tale tipologia di lavoro può essere svolta.
Legislazione europea
E' stata inoltre presentata la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio COM(2021)762 relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali, finalizzata a garantire il miglioramento della condizione giuridica, economica e sociale di quanti nell'UE prestino attività lavorativa attraverso piattaforme digitali (c.d. platform workers), ossia società operanti su internet che intermediano e organizzano l'attività svolta da lavoratori subordinati o autonomi in favore di clienti terzi (imprese o consumatori). L'esigenza di una razionalizzazione del fenomeno appare evidente ove si consideri la crescente rilevanza in termini economici della cosiddetta "economia delle piattaforme" (anche detta "economia collaborativa" o "gig economy").