Nel corso degli ultimi anni il tema della dirigenza pubblica è stato al centro del dibattito parlamentare e di vari tentativi per un'ampia riforma.
Nella XVIII legislatura sono intervenute alcune disposizioni normative volte a modificare, in primo luogo, la disciplina dell'accesso alla dirigenza nelle amministrazioni statali, come previsto in particolare dal decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80 che: ha reso effettive le modalità di reclutamento concorsuale per l'accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia; ha dettato nuove disposizioni sui criteri di valutazione e sulle prove dei concorsi; ha introdotto una nuova modalità di accesso alla qualifica di dirigente di seconda fascia, costituita da procedure comparative bandite dalla Scuola nazionale dell'amministrazione con riferimento a ciascuna amministrazione e riservate al personale in servizio a tempo indeterminato.
Nelle precedenti legislature gli interventi normativi hanno riguardato altresì i limiti del trattamento economico, le condizioni per il conferimento degli incarichi dirigenziali delle amministrazioni pubbliche statali, il sistema delle scuole di formazione pubblica della dirigenza. Inoltre, in attuazione della normativa anticorruzione è stata oggetto di riordino la disciplina in materia di inconferibilità ed incompatibilità e di trasparenza nell'azione amministrativa, con particolare riferimento agli incarichi dirigenziali.
In base alla normativa vigente, il ruolo dei dirigenti di ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, si articola nella prima e nella seconda fascia, nel cui ambito sono definite apposite sezioni in modo da garantire l'eventuale specificità tecnica (art. 23, D.Lgs. 165/2001). I requisiti le modalità per accedere alla dirigenza sono disciplinati dal D.Lgs. n. 165 del 2001 (articoli 28 e 28-bis, e successive modificazioni) e dai regolamenti di cui al D.P.R. n. 272 del 2004 e al D.P.R. n. 70 del 2013, in attuazione all'articolo 11, co. 1, del D.L. 95/2012 (conv. L. 135/2012), che ha autorizzato il Governo ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione al fine di riformare il sistema di reclutamento e di formazione dei dirigenti e dei funzionari pubblici. Per le Regioni e gli enti locali la dirigenza pubblica è disciplinata secondo i rispettivi ordinamenti nel rispetto dei principi generali fissati con legge dello Stato.
Nell'attuale legislatura, con il decreto-legge n. 80 del 2021 (art. 3, co. 3, 4 e 5), che ha disposto misure per il reclutamento nel pubblico impiego al fine di dare attuazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), sono state introdotte alcune modifiche alla disciplina dell'accesso alla dirigenza pubblica.
In primo luogo, hanno acquistato piena efficacia le modalità di reclutamento per l'accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici, in base alle quali l'accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia avviene, per il 50 per cento dei posti disponibili, tramite concorso pubblico per titoli ed esami indetto dalle singole amministrazioni.
Tali modalità, infatti, pur essendo previste dall'articolo 28-bis del testo unico del pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001) ed introdotte ad opera del D.Lgs. 150 del 2009 (art. 47), non erano mai state concretamente applicate per il susseguirsi di interventi normativi che ne avevano sospeso l'efficacia. In particolare, l'ultima sospensione era stabilita fino al 31 dicembre 2021 dal decreto-legge 183 del 2020 (art. 1, co. 6). Il D.L. n. 80 del 2021 (art. 3, comma 5) ha modificato tale termine portandolo al 31 ottobre 2021. Pertanto, per effetto di tale modifica normativa, a partire dal 1° novembre 2021 hanno preso efficacia le modalità di reclutamento previste dal citato articolo 28-bis, ripristinando il sistema binario di accesso alla dirigenza di livello generale.
In base alla riformulazione della norma, entro il 31 dicembre di ogni anno, le amministrazioni in oggetto indicano, per il triennio successivo, il numero dei posti che si rendano vacanti in ragione del collocamento in quiescenza del personale dirigenziale di ruolo di prima fascia e la programmazione relativa a quelli da coprire mediante concorso pubblico.
In secondo luogo, con il decreto-legge 80/2021 si stabilisce che i relativi bandi devono prevedere la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali - con riferimento agli ambiti di competenza individuati dal medesimo bando -, mediante prove scritte e orali, definite secondo metodologie e standard riconosciuti. La novella richiede inoltre che la composizione della commissione esaminatrice comprenda - senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica - professionisti esperti nella valutazione dei suddetti ambiti di competenza. (art. 28-bis, co. 3-bis, D.Lgs. n. 165 del 2001). Resta fermo che i vincitori del concorso sono assunti dall'amministrazione e, anteriormente al conferimento dell'incarico, sono tenuti all'espletamento di un periodo di formazione presso uffici amministrativi di uno Stato dell'Unione europea o di un organismo europeo o internazionale, ma si specifica che il periodo di formazione è svolto secondo moduli definiti dalla SNA. Inoltre si sopprime (mediante l'abrogazione del comma 5 dello stesso articolo 28-bis) le previsioni che richiedono che il periodo di formazione sia a tempo pieno, che abbia una durata pari a sei mesi, anche non continuativi, e che gli uffici summenzionati, presso i quali il periodo di formazione si debba svolgere, siano scelti dal vincitore tra quelli indicati dall'amministrazione.
Sempre in tema di accesso alla dirigenza di prima fascia, ma nelle forme alternative al concorso, il D.L. 80/2021 ha introdotto alcune disposizioni sul reclutamento a tempo determinato di soggetti in possesso di peculiari professionalità (articolo 28-bis, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001). In particolare si prevede che, nei casi in cui le amministrazioni valutino che la posizione da ricoprire richieda specifica esperienza, peculiare professionalità e attitudini manageriali, e qualora le ordinarie procedure di interpello (inerenti alle quote di conferimento senza concorso) non abbiano dato esito soddisfacente, l'incarico possa essere conferito attraverso il coinvolgimento di primarie società di selezione di personale dirigenziale e la successiva valutazione delle candidature proposte da parte di una commissione indipendente composta (senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica) anche da membri esterni. Tali incarichi sono conferiti con contratti di diritto privato a tempo determinato, stipulati per un periodo non superiore a tre anni. Gli incarichi così conferiti non rientrano nel computo dei limiti percentuali di cui al citato comma 6 dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 165. Si specifica altresì che l'applicazione di tale normativa non deve determinare posizioni sovrannumerarie.
In tema di accesso alla qualifica di dirigente di seconda fascia, il D.L. 80/2021 ha previsto, fatta salva la percentuale non inferiore al 50 per cento dei posti da ricoprire, destinata al corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell'amministrazione, che (art. 28, co. 1-ter, D.Lgs. n. 165 del 2001):
Conseguentemente a tali modifiche, sono stati soppressi (art. 3, commi 3-bis e 3-ter, D.L. n. 80/2021) i limiti percentuali previsti dall'articolo 19, comma 5-bis del TU pubblico impiego, che si commisurano rispetto al totale della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia ovvero di seconda fascia (dell'amministrazione) - per il conferimento di incarichi a dirigenti appartenenti ai ruoli di altre pubbliche amministrazioni ovvero dipendenti da organi costituzionali.
In tema di ambiti di competenze da accertare mediante le prove concorsuali, nei concorsi per l'accesso alla qualifica di dirigente (di seconda fascia), si prevede, in aggiunta alla conoscenza delle materie, anche la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali (c.d. assessment). A tal fine si prescrive che i bandi individuino gli «ambiti di competenza» da valutare e prevedano la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali, anche attraverso prove, scritte e orali, finalizzate allo loro osservazione e valutazione comparativa, definite secondo metodologie e standard riconosciuti (art. 28, co. 1-bis, D.Lgs. n. 165 del 2001).
Gli interventi normativi sull'accesso alla dirigenza introdotti dal D.L. n. 80 del 2021 costituiscono princìpi fondamentali per la legislazione regionale in materia di dirigenti pubblici.
Per garantire l'attuazione delle nuove disposizioni sull'accesso alla dirigenza pubblica, il decreto-legge 80/2021 (art. 3, co. 6) ha demandato alla Scuola nazionale dell'amministrazione, d'intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali, la definizione di apposite linee guida. Il successivo D.L. n. 36/2022, ha modificato tale procedura (art. 3, co. 5), stabilendo che le linee guida siano adottate entro il 31 ottobre 2022 con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, dopo aver acquisito le proposte della Scuola nazionale dell'amministrazione e previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali.
Sulla proposta di linee guida, pubblicata sul sito del Ministero per la pubblica amministrazione, è stata acquisita l'intesa in Conferenza Unificata nella seduta del 28 settembre 2022.
Con riferimento alle procedure per il reclutamento, negli anni più recenti la normativa ha teso all'aggregazione delle procedure concorsuali e allo svolgimento dei concorsi unici, anche al fine di per consentire una programmazione complessiva degli accessi alla pubblica amministrazione coerente con le politiche di contenimento delle assunzioni e delle spese di personale.
Rileva in proposito la previsione dell'art. 4, co. 3-quinquies, D.L. 101/2013 che impone alle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie e agli enti pubblici non economici, a decorrere dal 1° gennaio 2014, di svolgere concorsi pubblici unici per il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni (con esclusione , pertanto, di regioni ed enti locali).
I concorsi unici sono organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica, che si avvale a tal fine della Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (c.d. Commissione RIPAM), nel rispetto dei vincoli finanziari in materia di assunzioni a tempo indeterminato. In via preliminare, il Dipartimento cura la ricognizione del fabbisogno presso le amministrazioni interessate. Qualora si verifichi che le vacanze di personale riguardino le sedi delle amministrazioni ricadenti nella medesima regione, il concorso unico si svolge in ambito regionale, ferme restando le norme generali di partecipazione ai concorsi pubblici. Le amministrazioni pubbliche, nel rispetto del regime delle assunzioni a tempo indeterminato previsto dalla normativa vigente, possono assumere personale solo attingendo alle nuove graduatorie di concorso predisposte presso il Dipartimento della funzione pubblica, fino al loro esaurimento, provvedendo a programmare le quote annuali di assunzioni e possono essere autorizzate a svolgere direttamente i concorsi pubblici solo per specifiche professionalità. Per lo svolgimento delle procedure, il bando di concorso può fissare un contributo di ammissione ai concorsi per ciascun candidato in misura non superiore a 10 euro.
Successivamente, il D.Lgs. 75/2017, nel riformare le previsioni dell'articolo 35, co. 5, del D.Lgs. 165/2001, ha previsto la facoltà (non obbligo) per le restanti amministrazioni pubbliche (diverse da quelle centrali) di rivolgersi al Dipartimento della funzione pubblica e avvalersi della Commissione RIPAM, per lo svolgimento delle proprie procedure selettive.
La Direttiva n. 3 del 24 aprile 2018, con la quale sono state emanate le linee guida di indirizzo sulle procedure concorsuali, ai sensi dell'art. 35, co. 5.2., Testo unico pubblico impiego, individuando i vantaggi dell'indizione di concorsi unici per reclutare i dirigenti e le figure professionali comuni, sottolinea come «lo svolgimento dei concorsi in forma centralizzata o aggregata, con effettuazione delle prove in ambiti territoriali ampi, è dunque pratica obbligatoria per le amministrazioni centrali e rappresenta un'opportunità comunque consigliata per tutte le restanti amministrazioni, dato che consente un'adeguata partecipazione ed economicità dello svolgimento della procedura concorsuale e l'applicazione di criteri di valutazione oggettivi e uniformi, tali da assicurare omogeneità qualitativa e professionale in tutto il territorio nazionale per funzioni equivalenti».
Nelle medesime linee guida, si chiarisce che "in via residuale, resta fermo che, accanto alle procedure centralizzate o aggregate, vi è la possibilità che ciascuna amministrazione decida di organizzare autonomamente la procedura concorsuale di reclutamento del proprio personale. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici l'autonomia nell'organizzare concorsi pubblici per dirigenti e personale non dirigenziale, è limitata all'esigenza di acquisire specifiche professionalità. In ogni caso, dovendo privilegiarsi il modello di concorso unico o aggregato, la scelta di gestire autonomamente le proprie procedure concorsuali, senza procedere ad aggregazione, deve essere motivata, soprattutto per le piccole amministrazioni, da condizioni particolari, come situazioni imprevedibili di urgenza o un'eccezionale specificità della figura da reclutare".
Restano ferme le discipline speciali in materia di accesso alle qualifiche dirigenziali delle carriere diplomatica e prefettizia, delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Alcuni interventi normativi hanno riguardato la disciplina generale del conferimento degli incarichi dirigenziali (contenuta nell'articolo 19 del D.Lgs. n. 165/2001).
Va ricordato in proposito che il Testo unico del lavoro alle dipendenze delle PA consente alle amministrazioni statali di conferire incarichi dirigenziali a dirigenti di ruolo di altre amministrazioni o di organi costituzionali (art. 19, co. 5-bis, D.Lgs. 165/2001), nonché a soggetti esterni, non appartenenti ai ruoli delle amministrazioni stesse (art. 19, co. 6, D.Lgs. 165/2001), in presenza di alcuni requisiti e nel rispetto di limiti percentuali che si commisurano rispetto al totale della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia ovvero di seconda fascia dell'amministrazione che conferisce l'incarico.
Nel corso della XVIII legislatura, come già ricordato, sono stati soppressi ad opera del D.L. n. 80 del 2021 i limiti percentuali degli incarichi conferiti ex art. 19, co. 5-bis, D.Lgs. 165/2001, in quanto assorbiti nella nuova disciplina sull'accesso alla dirigenza di seconda fascia.
Per quanto concerne, invece, la possibilità di conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni:
Ancora al fine di potenziare la capacità delle amministrazioni attuatrici del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nel rispetto del limite dei posti disponibili e delle facoltà assunzionali dell'amministrazione conferente (quindi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica) il D.L. n. 36/2022 (art. 6, co. 7) ha previsto, in via transitoria, la possibilità di conferimento (a tempo determinato) di incarichi dirigenziali, presso pubbliche amministrazioni italiane, a funzionari di cittadinanza italiana di organizzazioni internazionali o dell'Unione europea, anche in deroga ai limiti percentuali stabiliti per il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti privi della qualifica di dirigente di ruolo di un'amministrazione pubblica (ovvero di un organo costituzionale). La durata degli incarichi così conferiti non può eccedere il termine del 31 dicembre 2026.
Una ulteriore disposizione approvata nel corso della legislatura, relativa ai processi volti a favorire la mobilità del personale (art. 3, co. 7-quater, D.L. 80/2021), ha stabilito che i dirigenti di seconda fascia (o equivalenti in base alla specificità dell'ordinamento) appartenenti ai ruoli di autorità amministrative indipendenti, che ricoprano incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti in alcune amministrazioni, possano transitare (su domanda) nei ruoli di quest'ultima amministrazione come dirigente di prima fascia. Le amministrazioni di destinazione per le quali si può applicare la norma sono costituite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dai Ministeri, dall'Avvocatura generale dello Stato, dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei conti.
Va ricordato, infine, che nella XVII legislatura, con prevalenti finalità di contenimento della spesa pubblica e per favorire il ricambio del personale nelle P.A., è stato introdotto (art. 5, co. 9, D.L. 06/07/2012, n. 95) il divieto per le pubbliche amministrazioni, incluse le autorità indipendenti, di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. A tali amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle suddette amministrazioni e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti.
Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni suddetti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall'organo competente dell'amministrazione interessata. E' previsto che gli organi costituzionali si adeguino a tali disposizioni nell'ambito della propria autonomia. (Consulta anche le circolari esplicative: Circolare n. 6/2014 e n. 4/2015 del Ministro per la semplificazione e l'amministrazione).
Più recentemente, nel corso della XVIII legislatura sono state introdotte alcune deroghe all'applicazione della richiamata disciplina per alcuni enti di previdenza di diritto privato (art. 19-ter, D.L. n. 148/2017), nonché per le aziende sanitarie e socio-sanitarie al fine di far fronte alle esigenze straordinaria derivanti dall'emergenza Covid (art. 2-bis, co. 5, D.L. n. 18 del 2020 e art. 3-bis, D.L. n. 2 del 2021).
Ai dirigenti si applica la disciplina generale delle incompatibilità dei dipendenti pubblici (dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3), ferme restando le disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato successivamente previste (art. 23-bis d. lgs. 165/2001).
La legge sul procedimento amministrativo, inoltre, reca una norma di carattere generale che stabilisce che il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale (art. 6-bis, legge 241/1990, introdotto dalla legge anticorruzione 190/2012).
Al contempo, la legge disciplina le ipotesi di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi dei pubblici dipendenti (art. 53 del d. Lgs 165/2001 modificato dalla legge 190 del 2012 -legge anticorruzione).
Il quadro normativo contiene fattispecie di maggior dettaglio in materia di inconferibilità ed incaompatibilità degli incarichi dirigenziali a partire dal D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39 (adotatto in attuazione della delega contenuta nei commi 49 e 50 dell'art. 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190 la c.d. legge anticorruzione). Tale decreto fa salvi i criteri di conferimento degli incarichi dirigenziali di cui all'art. 19 del D.Lgs. n. 165/2001 e non modifica la disciplina in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi già prevista dall'art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001.
A questi si è aggiunta dunque una nuova disciplina, funzionale alla prevenzione di fenomeni di corruzione, che ha previsto fattispecie di:
Con un novella introdotta dall'art. 29-ter del D.L. n. 69/2013 (convertito da L. n. 98/2013) si è previsto che non si applicano agli incarichi e ai contratti già in essere prima della data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 39/2013 le disposizioni sull'incompatibilità tra incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalle pubbliche amministrazioni nonché lo svolgimento di attività professionale e sulle incompatibilità tra incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico e cariche di componenti di organi di indirizzo politico.
Il 20 aprile 2015 è stato adottato dall'ANAC il Codice di comportamento per i pubblici dipendenti, in attuazione di quanto previsto dall'art. 54 del d. lgs. 165/2001.
In tema di trasparenza delle pubbliche amministrazioni, negli ultimi anni sono state oggetto di riordino e rafforzamento le prescrizioni in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni (decreto legislativo n. 33/2013 come modificato dal decreto legislativo 96/2017), con particolare riferimento a quelle relative ai titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo (salvo che siano attribuiti a titolo gratuito) e ai titolari di incarichi dirigenziali, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. Al tempo stesso sono obbligatoriamente pubblicate ed aggiornare le informazioni relative ai titolari di incarichi di collaborazione o consulenza.
Sono ricomprese in tali prescrizioni tutte le amministrazioni dello Stato, compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie.
Tra gli obblighi di pubblicazione delle p.a. vi rientrano quelli che riguardano i dati dei titolari di incarichi politici, anche di natura non elettiva, e i dirigenti pubblici.
Con riferimento a questi soggetti le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare:
Le pubbliche amministrazioni pubblicano tali dati entro tre mesi dalla nomina o dal conferimento dell'incarico e per i tre anni successivi dalla cessazione dell'incarico (art. 14, comma 2).
L'obbligo di pubblicazione dei dati patrimoniali, in origine previsto per i soli titolari di incarichi politici, è stato esteso anche ai dirigenti pubblici ad opera del D.Lgs. 97/2016 che ha apportato diverse modifiche e integrazioni al D.Lgs. 33/2013. Il nuovo comma 1-bis dell'articolo 14 del D.Lgs. 33/2013 ha previsto in particolare la pubblicazione di tali dati "per i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione".
Per i dirigenti l'obbligo riguarda i dati patrimoniali ricavabili dalla dichiarazione dei redditi e da apposite attestazioni sui diritti reali sui beni immobili e mobili iscritti in pubblici registri, sulle azioni di società e sulle quote di partecipazione a società (art. 2, L. 441/1982). Inoltre, la medesima legge prevede che entro un mese dalla scadenza del termine utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche, è necessario depositare un'attestazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale intervenute nell'anno precedente e copia della dichiarazione dei redditi (art. 3) e che entro tre mesi successivi alla cessazione dall'ufficio è necessario depositare una dichiarazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale intervenute dopo l'ultima attestazione (art. 4).
E' al contempo previsto l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di pubblicare ed aggiornare le informazioni relative ai titolari di incarichi di collaborazione o consulenza: gli estremi dell'atto di conferimento dell'incarico; il curriculum vitae; i dati relativi allo svolgimento di incarichi o la titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione o lo svolgimento di attività professionali; i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di consulenza o di collaborazione, con specifica evidenza delle eventuali componenti variabili o legate alla valutazione del risultato (articolo 15 del d.lgs. n. 33/2013).
L'inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, compresi quelli di cui sopra, costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione e sono comunque valutati ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili (art. 46, D.Lgs. 33/2013).
Inoltre, la mancata o incompleta comunicazione delle informazioni e dei dati concernenti la situazione patrimoniale complessiva del titolare dell'incarico al momento dell'assunzione in carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado, nonché tutti i compensi cui dà diritto l'assunzione della carica, dà luogo a una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro a carico del responsabile della mancata comunicazione e il relativo provvedimento è pubblicato sul sito internet dell'amministrazione o organismo interessato. Le sanzioni sono irrogate dall'ANAC, secondo le modalità fissate dalla medesima Autorità nel regolamento del 16 novembre 2016 (art. 47, D.Lgs. 33/2013).
L'Autorità nazionale anticorruzione, in considerazione delle modifiche intervenute con il D.Lgs. 97/2016, ha adottato apposite Linee guida sull'attuazione dell'articolo 14 del D.Lgs. 33/2013 (Deliberazione 8 marzo 2017, n. 241) con le quali ha fornito indicazioni e chiarimenti ai fini dell'applicazione delle nuove diposizioni, compresa l'entrata in vigore.
Nel corso della XVIII legislatura, sull'estensione dell'obbligo di pubblicazione ai redditi e patrimoni personali (di cui all'art. 14, comma 1, lett. f), del D.Lgs. 33/2013) di tutti i dirigenti pubblici è intervenuta la sentenza 20/2019 della Corte costituzionale, che ha evidenziato come in taluni casi i dati di cui era stato previsto un generale obbligo di pubblicazione non sono necessariamente e direttamente collegati all'espletamento dell'incarico affidato. La Corte ha quindi dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni devono pubblicare i dati patrimoniali di cui all'art. 14, comma 1, lettera f), per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, anziché solo per i titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall'art. 19, commi 3 e 4, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. La Corte ha ritenuto viceversa legittimo l'obbligo di pubblicazione dei compensi di tutti i dirigenti pubblici.
Nelle more dell'adozione dei provvedimenti di adeguamento alla sentenza della Corte, il D.L. 162/2019 (art. 1, co. da 7 a 7-quater) ha sospeso fino al 31 dicembre 2020 l'applicazione delle sanzioni previste dagli articoli 46 e 47 del Codice della trasparenza, in caso di mancata pubblicazione sia dei compensi, sia dei dati patrimoniali dei dirigenti. Ciò ad esclusione, come specificato, dei dirigenti di cui all'art. 19, commi 3 e 4 del decreto legislativo 165 del 2001: si tratta dei dirigenti con incarichi di segretario generale di ministeri o con incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali (art. 19, comma 3) e dei dirigenti con incarichi di funzione dirigenziale di livello generale (art. 19, comma 4). Per tali dirigenti continua a trovare piena applicazione la disciplina di pubblicazione vigente (ex art. 14 D.Lgs. 33/2013).
E' stata quindi demandata ad un regolamento di delegificazione, da adottare entro il medesimo termine (31 dicembre 2020, prorogato al 30 aprile 2021 dall'art. 1, co. 16 del D.L. 183 del 2020), sentito il Garante per la privacy, l'individuazione dei dati che le amministrazioni devono pubblicare con riguardo ai titolari di incarichi dirigenziali, comunque denominati, nel rispetto di determinati criteri quali:
Inoltre, non è consentita l'indicizzazione dei dati delle informazioni oggetto del regolamento e gli obblighi di pubblicazione sono estesi anche ai componenti delle commissioni straordinarie per la gestione degli enti locali sciolti per infiltrazioni mafiose e del comitato di sostegno e monitoraggio dell'azione delle commissioni straordinarie costituito presso il Ministero dell'interno.
Nel corso della legislatura sono stati adottati alcuni interventi normativi sui profili organizzativi e funzionali della Scuola nazionale dell'amministrazione - SNA (originariamente denominata Scuola superiore della pubblica amministrazione: SSPA), istituzione di alta cultura e formazione, posta nell'ambito e sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio, che ha tra i suoi compiti primari il reclutamento, nonché l'attività formativa iniziale e permanente dei dirigenti e dei funzionari dello Stato.
In particolare, l'articolo 5 del decreto-legge n. 80 del 2021 ha ridisegnato alcuni compiti della Scuola al fine di annoverarvi profili attinenti alla formazione del personale che operi negli uffici di diretta collaborazione dei Ministri nonché del personale delle pubbliche amministrazioni preposto allo sviluppo ed attuazione delle azioni contenute nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il DL 80/2021 ha altresì introdotto nell'organizzazione della Scuola, la figura del Segretario generale, in luogo della figura del dirigente amministrativo. La figura del Segretario generale, rispetto al dirigente amministrativo, assume la titolarità di un più articolato spettro di compiti, alcuni dei quali precedentemente attribuiti al Presidente - come la proposta in Comitato di gestione dei bilanci preventivo e consuntivo, o l'attivazione del Comitato di gestione affinché questo sia sentito circa la definizione dell'organizzazione interna della Scuola. Inoltre il Segretario generale è membro del Comitato di gestione (laddove il dirigente amministrativo partecipava senza diritto di voto).
Sono conseguentemente ridefinite in parte le attribuzioni del Presidente della Scuola: il Presidente infatti elabora le strategie di sviluppo dell'attività di formazione, "d'intesa" con il Segretario generale, oltre che sentito il Comitato scientifico (mediante la progettazione, la programmazione e la realizzazione di attività di partenariato con università ed istituti di alta formazione nazionali e internazionali). Quella medesima intesa è prevista per la nomina da parte del Presidente dei docenti della Scuola; per l'esercizio delle altre attribuzioni presidenziali; per la redazione (sentito il Comitato scientifico) del programma triennale ed annuale. È stata soppressa la previsione che tra le categorie di scelta del Presidente rientri quella dei consiglieri parlamentari o di "soggetti equiparati" a quelli previsti.
Con un'ulteriore modifica si dispone che i docenti della Scuola i quali esercitino l'opzione per il regime a tempo definito, abbiano ridotto "corrispondentemente" il trattamento economico.
Il decreto, come modificato su questo punto dal D.L. 92/2021 (art. 7, co. 3) ha dettato una disciplina transitoria, posta la soppressione della figura del dirigente amministrativo, le cui funzioni risultano appunto 'assorbite' dalla nuova figura del Segretario generale.
Ulteriori disposizioni sulla Scuola sono state dettate con il decreto-legge n. 36 del 2022 (articolo 12) che:
Infine con il decreto-legge n. 68/2022 (art. 9, co. 10-bis), si consente alla SNA di prevedere nella propria offerta formativa l'erogazione anche di Corsi di alta formazione e di perfezionamento post lauream. Tale previsione, che dovrà tuttavia avvenire nel rispetto dei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, persegue l'obiettivo di sviluppare nuovi percorsi formativi volti a favorire l'integrazione interdisciplinare tra il mondo accademico, la formazione e la ricerca nel settore della PA, nonché di integrare il sistema della formazione universitaria, post universitaria, della ricerca e quello dell'accesso sempre più qualificato nella PA.
La disposizione consente, altresì, alla Scuola di emanare bandi per corsi di dottorato in Scienze della Pubblica amministrazione. È previsto un massimo di 8 candidati in via di prima applicazione, fino al raggiungimento - a regime - di un numero di frequentatori fino a 32 unità, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Nel corso della legislatura, la legge di bilancio 2022 (L. 234 del 2021, articolo 1, co. 68) ha stabilito a decorrere dall'anno 2022, per chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche retribuzioni o emolumenti comunque denominati in ragione di rapporti di lavoro subordinato o autonomo intercorrenti con le autorità amministrative indipendenti, con gli enti pubblici economici e con le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ivi incluso il personale di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, che il limite retributivo di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto legge n. 66 del 2014 (pari a 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente), è rideterminato sulla base della percentuale stabilita ai sensi dell'articolo 24, comma 2, della legge n. 448 del 1998 (pari all'1,71 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2020), in relazione agli incrementi medi conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati come calcolati dall'Istat ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 24.
Si ricorda in proposito che nell'ambito delle misure di contenimento della spesa pubblica è stato introdotto, a decorrere dal 1° maggio 2014, un limite massimo retributivo per tutto il personale pubblico, fissato in 240.000 euro, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente (in virtù delle modifiche introdotte con l'articolo 13 del D.L. n. 66/2014 agli articoli 23-bis e 23-ter del D.L. n. 201/2011).
Oltre a definire un "nuovo tetto", è stata estesa la platea di destinatari del "tetto" retributivo.
Non sono inoltre più fatti salvi i compensi percepiti per prestazioni occasionali, talché deve intendersi che si debbano includere nel computo cumulativo delle somme comunque erogate all'interessato dalle amministrazioni pubbliche e sono incluse espressamente le somme erogate dalle società da esse partecipate in via diretta o indiretta. Di conseguenza, il nuovo "tetto" di 240.000 euro trova applicazione alle somme complessivamente erogate all'interessato a carico di uno o più organismi o amministrazioni della p.a. (di cui all'art. 1, co. 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001).
A sua volta, il "Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica" (d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175) è intervenuto (art. 11) sui requisiti dei componenti degli organi amministrativi e di controllo di società a controllo pubblico prevedendo, tra l'altro, che nella scelta degli amministratori delle sia assicurato il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo. E' al contempo disciplinata la composizione degli organi di amministrazione, con riferimento anche al numero dei componenti, e i compensi corrisposti ai componenti degli organi di amministrazione e di controllo e ai dipendenti delle società in controllo pubblico.
A tal fine è previsto che il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, emani un decreto che, sulla base di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi, classifichi le società in cinque fasce. Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite massimo dei compensi del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 euro annui.
Si ricorda infine che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 124/2017, ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sul limite retributivo e sul divieto di cumulo retribuzione-pensione previsti a decorrere dal 1° maggio 2014.
All'inizio della legislatura, all'interno del disegno di legge di iniziativa del Governo Conte I di riforma della pubblica amministrazione - il cui esame è stato avviato al Senato (S. 1122) - era contenuta una delega al Governo per il riordino della dirigenza, al fine di incentivare la qualità della prestazione lavorativa dei dirigenti (articolo 4).
Alcuni princìpi e criteri della delega attengono alla revisione del sistema di reclutamento dei dirigenti pubblici, prevedendo in particolare la revisione dei requisiti per l'accesso alla qualifica di dirigente, l'attribuzione della complessiva gestione dei concorsi per i dirigenti statali alla SNA (Scuola nazionale dell'amministrazione), l'introduzione di concorsi per titoli ed esami riservati al personale dipendente con le valutazioni migliori nell'ultimo triennio, la revisione della quota percentuale riservata ai concorsi pubblici per l'accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia nelle amministrazioni statali, nonché la semplificazione della vigente normativa sul reclutamento dei dirigenti scolastici.
In tema di incarichi dirigenziali, le norme di delega aprono alla ridefinizione dei criteri per il conferimento, la conferma e la revoca degli incarichi dirigenziali, e all'introduzione di disposizioni che, con particolare riferimento agli incarichi di livello dirigenziale generale, valorizzino la capacità professionale e i risultati conseguiti nell'ambito degli incarichi già svolti.
Si prevede inoltre l'introduzione di disposizioni in materia di rinnovabilità dell'incarico. Ulteriori criteri prefigurano la modifica della vigente disciplina in materia di conferimento degli incarichi dirigenziali a soggetti estranei alla pubblica amministrazione e e l'elevamento delle quote percentuali di dotazione organica - entro un limite massimo del 30 per cento - per le quali è possibile il conferimento di incarichi ai dirigenti appartenenti ai ruoli di altre amministrazioni pubbliche e semplificazione delle relative procedure, eventualmente anche eliminando l'obbligo del rilascio del nulla osta da parte dell'amministrazione di appartenenza.
Nell'ambito della delega si prevede inoltre: