tema 21 settembre 2022
Studi - Istituzioni Dirigenza pubblica

Nel corso degli ultimi anni il tema della dirigenza pubblica è stato al centro del dibattito parlamentare e di vari tentativi per un'ampia riforma.

Nella XVIII legislatura sono intervenute alcune disposizioni normative volte a modificare, in primo luogo, la disciplina dell'accesso alla dirigenza nelle amministrazioni statali, come previsto in particolare dal decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80 che: ha reso effettive le modalità di reclutamento concorsuale per l'accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia; ha dettato nuove disposizioni sui criteri di valutazione e sulle prove dei concorsi; ha introdotto una nuova modalità di accesso alla qualifica di dirigente di seconda fascia, costituita da procedure comparative bandite dalla Scuola nazionale dell'amministrazione con riferimento a ciascuna amministrazione e riservate al personale in servizio a tempo indeterminato.

Nelle precedenti legislature gli interventi normativi hanno riguardato altresì i limiti del trattamento economico, le condizioni per il conferimento degli incarichi dirigenziali delle amministrazioni pubbliche statali, il sistema delle scuole di formazione pubblica della dirigenza. Inoltre, in attuazione della normativa anticorruzione è stata oggetto di riordino la disciplina in materia di inconferibilità ed incompatibilità e di trasparenza nell'azione amministrativa, con particolare riferimento agli incarichi dirigenziali.

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In base alla normativa vigente, il ruolo dei dirigenti di ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, si articola nella prima e nella seconda fascia, nel cui ambito sono definite apposite sezioni in modo da garantire l'eventuale specificità tecnica (art. 23, D.Lgs. 165/2001). I requisiti le modalità per accedere alla dirigenza sono disciplinati dal D.Lgs. n. 165 del 2001 (articoli 28 e 28-bis, e successive modificazioni) e dai regolamenti di cui al D.P.R. n. 272 del 2004 e al D.P.R. n. 70 del 2013, in attuazione all'articolo 11, co. 1, del D.L. 95/2012 (conv. L. 135/2012), che ha autorizzato il Governo ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione al fine di riformare il sistema di reclutamento e di formazione dei dirigenti e dei funzionari pubblici.  Per le Regioni e gli enti locali la dirigenza pubblica è disciplinata secondo i rispettivi ordinamenti nel rispetto dei principi generali fissati con legge dello Stato.

Nell'attuale legislatura, con il decreto-legge n. 80 del 2021 (art. 3, co. 3, 4 e 5), che ha disposto misure per il reclutamento nel pubblico impiego al fine di dare attuazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), sono state introdotte alcune modifiche alla disciplina dell'accesso alla dirigenza pubblica.

In primo luogo, hanno acquistato piena efficacia le modalità di reclutamento per l'accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici, in base alle quali l'accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia avviene, per il 50 per cento dei posti disponibili, tramite concorso pubblico per titoli ed esami indetto dalle singole amministrazioni. 

Tali modalità, infatti, pur essendo previste dall'articolo 28-bis del testo unico del pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001) ed introdotte ad opera del D.Lgs. 150 del 2009 (art. 47), non erano mai state concretamente applicate per il susseguirsi di interventi normativi che ne avevano sospeso l'efficacia. In particolare, l'ultima sospensione era stabilita fino al 31 dicembre 2021 dal decreto-legge 183 del 2020 (art. 1, co. 6). Il D.L. n. 80 del 2021 (art. 3, comma 5) ha modificato tale termine portandolo al 31 ottobre 2021. Pertanto, per effetto di tale modifica normativa, a partire dal 1° novembre 2021 hanno preso efficacia le modalità di reclutamento previste dal citato articolo 28-bis, ripristinando il sistema binario di accesso alla dirigenza di livello generale

L'art. 28-bis del TU impiego sancisce la regola che l'accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia si realizza attraverso un sistema binario che è il seguente:
a) transito alla prima fascia (con conseguente acquisizione della qualifica) da parte dei dirigenti di seconda fascia dopo un quinquennio di svolgimento di incarico di prima fascia, senza essere incorsi nelle misure previste per le ipotesi di responsabilità disciplinare (art. 23, D.Lgs. n. 165 del 2001). Questa modalità di accesso è anche ricordata nell'incipit dell'art. 28-bis, come riformulato dal D.L. n. 80/2021;
b) acquisizione della qualifica, con iscrizione nella relativa articolazione del ruolo, a seguito dell'assunzione in esito al concorso pubblico per titoli ed esami disciplinato dallo stesso art. 28-bis. Tale modalità concorsuale di copertura dei posti dirigenziali di prima fascia va obbligatoriamente utilizzata per il cinquanta per cento dei posti che annualmente si rendono disponibili, a seguito di cessazione dal servizio dei soggetti incaricati, collocati nel ruolo di prima fascia, per effetto di collocamento in quiescenza. 

In base alla riformulazione della norma, entro il 31 dicembre di ogni anno, le amministrazioni in oggetto indicano, per il triennio successivo, il numero dei posti che si rendano vacanti in ragione del collocamento in quiescenza del personale dirigenziale di ruolo di prima fascia e la programmazione relativa a quelli da coprire mediante concorso pubblico.

In secondo luogo, con il decreto-legge 80/2021 si stabilisce che i relativi bandi devono prevedere la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali - con riferimento agli ambiti di competenza individuati dal medesimo bando -, mediante prove scritte e orali, definite secondo metodologie e standard riconosciuti. La novella richiede inoltre che la composizione della commissione esaminatrice comprenda - senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica - professionisti esperti nella valutazione dei suddetti ambiti di competenza. (art. 28-bis, co. 3-bis, D.Lgs. n. 165 del 2001). Resta fermo che i vincitori del concorso sono assunti dall'amministrazione e, anteriormente al conferimento dell'incarico, sono tenuti all'espletamento di un periodo di formazione presso uffici amministrativi di uno Stato dell'Unione europea o di un organismo europeo o internazionale, ma si specifica  che il periodo di formazione è svolto secondo moduli definiti dalla SNA. Inoltre si sopprime (mediante l'abrogazione del comma 5 dello stesso articolo 28-bis) le previsioni che richiedono che il periodo di formazione sia a tempo pieno, che abbia una durata pari a sei mesi, anche non continuativi, e che gli uffici summenzionati, presso i quali il periodo di formazione si debba svolgere, siano scelti dal vincitore tra quelli indicati dall'amministrazione.

Sempre in tema di accesso alla dirigenza di prima fascia, ma nelle forme alternative al concorso, il D.L. 80/2021 ha introdotto alcune disposizioni sul reclutamento a tempo determinato di soggetti in possesso di peculiari professionalità (articolo 28-bis, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001). In particolare si prevede che, nei casi in cui le amministrazioni valutino che la posizione da ricoprire richieda specifica esperienza, peculiare professionalità e attitudini manageriali, e qualora le ordinarie procedure di interpello (inerenti alle quote di conferimento senza concorso) non abbiano dato esito soddisfacente, l'incarico possa essere conferito attraverso il coinvolgimento di primarie società di selezione di personale dirigenziale e la successiva valutazione delle candidature proposte da parte di una commissione indipendente composta (senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica) anche da membri esterni.  Tali incarichi sono conferiti con contratti di diritto privato a tempo determinato, stipulati per un periodo non superiore a tre anni. Gli incarichi così conferiti non rientrano nel computo dei limiti percentuali di cui al citato comma 6 dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 165. Si specifica altresì che l'applicazione di tale normativa non deve determinare posizioni sovrannumerarie.

In tema di accesso alla qualifica di dirigente di seconda fascia, il D.L. 80/2021 ha previsto, fatta salva la percentuale non inferiore al 50 per cento dei posti da ricoprire, destinata al corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell'amministrazione, che (art. 28, co. 1-ter, D.Lgs. n. 165 del 2001):

  • una quota pari al massimo al 30 per cento dei posti residui disponibili, è riservata da ciascuna amministrazione al personale in servizio a tempo indeterminato  in possesso dei titoli di studio previsti a legislazione vigente (per l'accesso alla qualifica in oggetto) e che abbia maturato almeno cinque anni di servizio nell'area o categoria apicale sottostante. La selezione avviene mediante procedure comparative bandite dalla Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA) che tengono conto della valutazione conseguita nell'attività svolta, dei titoli ulteriori rispetto a quelli previsti per l'accesso alla qualifica dirigenziale, e in particolar modo del possesso del dottorato di ricerca, nonché della tipologia degli incarichi rivestiti;
  • una ulteriore riserva pari al massimo al 15 per cento per il personale di cui sopra in servizio a tempo indeterminato, che abbia ricoperto o ricopra - ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001 - incarichi di livello dirigenziale senza il possesso di qualifica di dirigente di ruolo di un'amministrazione pubblica (ovvero di un organo costituzionale). A tal fine, i bandi definiscono gli ambiti di competenza da valutare e prevedono prove scritte e orali di esclusivo carattere esperienziale.

Conseguentemente a tali modifiche, sono stati soppressi (art. 3, commi 3-bis e 3-ter, D.L. n. 80/2021) i limiti percentuali previsti dall'articolo 19, comma 5-bis del TU pubblico impiego, che si commisurano rispetto al totale della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia ovvero di seconda fascia (dell'amministrazione) - per il conferimento di incarichi a dirigenti appartenenti ai ruoli di altre pubbliche amministrazioni ovvero dipendenti da organi costituzionali.

In tema di ambiti di competenze da accertare mediante le prove concorsuali, nei concorsi per l'accesso alla qualifica di dirigente (di seconda fascia), si prevede, in aggiunta alla conoscenza delle materie, anche la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali (c.d. assessment). A tal fine si prescrive che i bandi individuino gli «ambiti di competenza» da valutare e prevedano la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali, anche attraverso prove, scritte e orali, finalizzate allo loro osservazione e valutazione comparativa, definite secondo metodologie e standard riconosciuti (art. 28, co. 1-bis, D.Lgs. n. 165 del 2001).

Gli interventi normativi sull'accesso alla dirigenza introdotti dal D.L. n. 80 del 2021 costituiscono princìpi fondamentali per la legislazione regionale in materia di dirigenti pubblici.

Per garantire l'attuazione delle nuove disposizioni sull'accesso alla dirigenza pubblica, il decreto-legge 80/2021 (art. 3, co. 6) ha demandato alla Scuola nazionale dell'amministrazione, d'intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali, la definizione di apposite linee guida. Il successivo D.L. n. 36/2022, ha modificato tale procedura (art. 3, co. 5), stabilendo che le linee guida siano adottate entro il 31 ottobre 2022 con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, dopo aver acquisito le proposte della Scuola nazionale dell'amministrazione e previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali.

Sulla proposta di linee guida, pubblicata sul sito del Ministero per la pubblica amministrazione, è stata acquisita l'intesa in Conferenza Unificata nella seduta del 28 settembre 2022.

Lo svolgimento dei concorsi unici

Con riferimento alle procedure per il reclutamento, negli anni più recenti la normativa ha teso all'aggregazione delle procedure concorsuali e allo svolgimento dei concorsi unici, anche al fine di per consentire una programmazione complessiva degli accessi alla pubblica amministrazione coerente con le politiche di contenimento delle assunzioni e delle spese di personale.

Rileva in proposito la previsione dell'art. 4, co. 3-quinquies, D.L. 101/2013 che impone alle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie e agli enti pubblici non economici, a decorrere dal 1° gennaio 2014, di svolgere concorsi pubblici unici per il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni (con esclusione , pertanto, di regioni ed enti locali).

I concorsi unici sono organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica, che si avvale a tal fine della Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (c.d. Commissione RIPAM), nel rispetto dei vincoli finanziari in materia di assunzioni a tempo indeterminato. In via preliminare, il Dipartimento cura la ricognizione del fabbisogno presso le amministrazioni interessate. Qualora si verifichi che le vacanze di personale riguardino le sedi delle amministrazioni ricadenti nella medesima regione, il concorso unico si svolge in ambito regionale, ferme restando le norme generali di partecipazione ai concorsi pubblici. Le amministrazioni pubbliche, nel rispetto del regime delle assunzioni a tempo indeterminato previsto dalla normativa vigente, possono assumere personale solo attingendo alle nuove graduatorie di concorso predisposte presso il Dipartimento della funzione pubblica, fino al loro esaurimento, provvedendo a programmare le quote annuali di assunzioni e possono essere autorizzate a svolgere direttamente i concorsi pubblici solo per specifiche professionalità. Per lo svolgimento delle procedure, il bando di concorso può fissare un contributo di ammissione ai concorsi per ciascun candidato in misura non superiore a 10 euro.

Successivamente, il D.Lgs. 75/2017, nel riformare le previsioni dell'articolo 35, co. 5, del D.Lgs. 165/2001, ha previsto la facoltà (non obbligo) per le restanti amministrazioni pubbliche (diverse da quelle centrali) di rivolgersi al Dipartimento della funzione pubblica e avvalersi della Commissione RIPAM, per lo svolgimento delle proprie procedure selettive.

La Direttiva n. 3 del 24 aprile 2018, con la quale sono state emanate le linee guida di indirizzo sulle procedure concorsuali, ai sensi dell'art. 35, co. 5.2., Testo unico pubblico impiego, individuando i vantaggi dell'indizione di concorsi unici per reclutare i dirigenti e le figure professionali comuni, sottolinea come «lo svolgimento dei concorsi in forma centralizzata o aggregata, con effettuazione delle prove in ambiti territoriali ampi, è dunque pratica obbligatoria per le amministrazioni centrali e rappresenta un'opportunità comunque consigliata per tutte le restanti amministrazioni, dato che consente un'adeguata partecipazione ed economicità dello svolgimento della procedura concorsuale e l'applicazione di criteri di valutazione oggettivi e uniformi, tali da assicurare omogeneità qualitativa e professionale in tutto il territorio nazionale per funzioni equivalenti».

Nelle medesime linee guida, si chiarisce che "in via residuale, resta fermo che, accanto alle procedure centralizzate o aggregate, vi è la possibilità che ciascuna amministrazione decida di organizzare autonomamente la procedura concorsuale di reclutamento del proprio personale. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici l'autonomia nell'organizzare concorsi pubblici per dirigenti e personale non dirigenziale, è limitata all'esigenza di acquisire specifiche professionalità. In ogni caso, dovendo privilegiarsi il modello di concorso unico o aggregato, la scelta di gestire autonomamente le proprie procedure concorsuali, senza procedere ad aggregazione, deve essere motivata, soprattutto per le piccole amministrazioni, da condizioni particolari, come situazioni imprevedibili di urgenza o un'eccezionale specificità della figura da reclutare".

Restano ferme le discipline speciali in materia di accesso alle qualifiche dirigenziali delle carriere diplomatica e prefettizia, delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

ultimo aggiornamento: 30 settembre 2022

Alcuni interventi normativi hanno riguardato la disciplina generale del conferimento degli incarichi dirigenziali (contenuta nell'articolo 19 del D.Lgs. n. 165/2001).

Va ricordato in proposito che il Testo unico del lavoro alle dipendenze delle PA consente alle amministrazioni statali di conferire incarichi dirigenziali a dirigenti di ruolo di altre amministrazioni o di organi costituzionali (art. 19, co. 5-bis, D.Lgs. 165/2001), nonché a soggetti esterni, non appartenenti ai ruoli delle amministrazioni stesse (art. 19, co. 6, D.Lgs. 165/2001), in presenza di alcuni requisiti e nel rispetto di limiti percentuali che si commisurano rispetto al totale della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia ovvero di seconda fascia dell'amministrazione che conferisce l'incarico.

Nel corso della XVIII legislatura, come già ricordato, sono stati soppressi ad opera del D.L. n. 80 del 2021 i limiti percentuali degli incarichi conferiti ex art. 19, co. 5-bis, D.Lgs. 165/2001, in quanto assorbiti nella nuova disciplina sull'accesso alla dirigenza di seconda fascia. 

Per quanto concerne, invece, la possibilità di conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni:

  • dapprima il decreto-legge 162 del 2019 (art. 1, co. 6), ha innalzato la percentuale massima degli incarichi dirigenziali di seconda fascia che possono essere conferiti a persone di comprovata qualificazione professionale esterne all'amministrazioneovvero a personale pubblico non dirigente (anche appartenente all'amministrazione conferente), con contratto a tempo determinato (ex art. 19, co. 6, D.Lgs. 165/2001), fissandola, per ciascuna amministrazione, nel 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e nel 10 per cento di quella di seconda fascia (in precedenza era dell'8%). Tra i requisiti soggettivi che vengono richiesti come condizioni per il conferimento, è stato previsto, in alternativa ad altri, il possesso di una particolare specializzazione professionale, culturale o scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria. E' stato inoltre chiarito che la formazione universitaria richiesta non può essere inferiore al possesso della laurea specialistica o magistrale ovvero del diploma di laurea conseguito secondo l'ordinamento didattico previgente al regolamento di cui al D.M n. 509/1999.
  • successivamente, nell'ambito delle modalità speciali per il reclutamento del personale e il conferimento di incarichi professionali per l'attuazione del PNRR, il  decreto-legge n. 80 del 2021 (art. 1, co. 15) ha autorizzato le amministrazioni pubbliche impegnate nell'attuazione del Piano a derogare, fino a raddoppiarli, i limiti percentuali attualmente previsti dalla legge per l'attribuzione di incarichi dirigenziali a soggetti esterni ai sensi dell'art. 19, co. 6, del D.Lgs. n. 165/2001. Tale deroga è consentita solo in quanto funzionale alla copertura delle posizioni dirigenziali vacanti relative a compiti strettamente e direttamente funzionali all'attuazione degli interventi del PNRR. Tali incarichi trovano copertura e limiti nelle facoltà assunzionali. Gli incarichi attribuiti in deroga, in ogni caso, rimangono in vigore fino alla naturale scadenza, ma comunque non oltre il 31 dicembre 2026.

Ancora al fine di potenziare la capacità delle amministrazioni attuatrici del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nel rispetto del limite dei posti disponibili e delle facoltà assunzionali dell'amministrazione conferente (quindi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica) il D.L. n. 36/2022 (art. 6, co. 7) ha previsto, in via transitoria, la possibilità di conferimento (a tempo determinato) di incarichi dirigenziali, presso pubbliche amministrazioni italiane, a funzionari di cittadinanza italiana di organizzazioni internazionali o dell'Unione europea, anche in deroga ai limiti percentuali stabiliti per il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti privi della qualifica di dirigente di ruolo di un'amministrazione pubblica (ovvero di un organo costituzionale). La durata degli incarichi così conferiti non può eccedere il termine del 31 dicembre 2026.

Una ulteriore disposizione approvata nel corso della legislatura, relativa ai processi volti a favorire la mobilità del personale (art. 3, co. 7-quater, D.L. 80/2021), ha stabilito che i dirigenti di seconda fascia (o equivalenti in base alla specificità dell'ordinamento) appartenenti ai ruoli di autorità amministrative indipendenti, che ricoprano incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti in alcune amministrazioni, possano transitare (su domanda) nei ruoli di quest'ultima amministrazione come dirigente di prima fascia. Le amministrazioni di destinazione per le quali si può applicare la norma sono costituite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dai Ministeri, dall'Avvocatura generale dello Stato, dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei conti.

Incarichi a soggetti in quiescenza

Va ricordato, infine, che nella XVII legislatura, con prevalenti finalità di contenimento della spesa pubblica e per favorire il ricambio del personale nelle P.A., è stato introdotto (art. 5, co. 9, D.L. 06/07/2012, n. 95) il divieto per le pubbliche amministrazioni, incluse le autorità indipendenti, di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. A tali amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle suddette amministrazioni e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti.

Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni suddetti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall'organo competente dell'amministrazione interessata. E' previsto che gli organi costituzionali si adeguino a tali disposizioni nell'ambito della propria autonomia. (Consulta anche le circolari esplicative: Circolare n. 6/2014 e n. 4/2015 del Ministro per la semplificazione e l'amministrazione).

Più recentemente, nel corso della XVIII legislatura sono state introdotte alcune deroghe all'applicazione della richiamata disciplina per alcuni enti di previdenza di diritto privato (art. 19-ter, D.L. n. 148/2017), nonché per le aziende sanitarie e socio-sanitarie al fine di far fronte alle esigenze straordinaria derivanti dall'emergenza Covid (art. 2-bis, co. 5, D.L. n. 18 del 2020 e art. 3-bis, D.L. n. 2 del 2021).

    ultimo aggiornamento: 30 settembre 2022

    Ai dirigenti si applica la disciplina generale delle incompatibilità dei dipendenti pubblici (dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3), ferme restando le disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato successivamente previste (art. 23-bis d. lgs. 165/2001).

    La legge sul procedimento amministrativo, inoltre, reca una norma di carattere generale che stabilisce che il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale (art. 6-bis, legge 241/1990, introdotto dalla legge anticorruzione 190/2012).

    Al contempo, la legge disciplina le ipotesi di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi dei pubblici dipendenti (art. 53 del d. Lgs 165/2001 modificato dalla legge 190 del 2012  -legge anticorruzione).

     

    Il quadro normativo contiene fattispecie di maggior dettaglio in materia di inconferibilità ed incaompatibilità degli incarichi dirigenziali a partire dal D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39 (adotatto in attuazione della delega contenuta nei commi 49 e 50 dell'art. 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190 la c.d. legge anticorruzione). Tale decreto fa salvi i criteri di conferimento degli incarichi dirigenziali di cui all'art. 19 del D.Lgs. n. 165/2001 e non modifica la disciplina in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi già prevista dall'art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001.

     

    A questi si è aggiunta dunque una nuova disciplina, funzionale alla prevenzione di fenomeni di corruzione, che ha previsto fattispecie di:

    • inconferibilità, cioè di preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi a coloro che abbiano riportato condanne penali per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, nonché a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività professionali a favore di questi ultimi, a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico;
    • incompatibilità, da cui consegue l'obbligo per il soggetto cui viene conferito l'incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di quindici giorni, tra la permanenza nell'incarico e l'assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, lo svolgimento di attività professionali ovvero l'assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico.

    Con un novella introdotta dall'art. 29-ter del D.L. n. 69/2013 (convertito da L. n. 98/2013) si è previsto che non si applicano agli incarichi e ai contratti già in essere prima della data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 39/2013 le disposizioni sull'incompatibilità tra incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalle pubbliche amministrazioni nonché lo svolgimento di attività professionale e sulle incompatibilità tra incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico e cariche di componenti di organi di indirizzo politico.

     

    Il 20 aprile 2015 è stato adottato dall'ANAC il Codice di comportamento per i pubblici dipendenti, in attuazione di quanto previsto dall'art. 54 del d. lgs. 165/2001.

    Il Codice prevede in particolare, all'articolo 7 l'obbligo per i dipendenti pubblici di astenersi dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti o di organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza.
    Il dipendente che si astiene, comunica tale condizione per iscritto al dirigente dell'ufficio di appartenenza specificando la situazione di conflitto. Il dirigente, ove ritenga sussista il conflitto di interessi, prende gli opportuni provvedimenti, anche sostituendo l'interessato. Il dipendente che interviene per dovere d'ufficio o comunque a qualsiasi titolo partecipa ad un procedimento, anche senza esserne responsabile, rispetto al quale possano essere coinvolti interessi propri, in base a quanto detto, ne dà immediata comunicazione al dirigente dell'ufficio di appartenenza che decide sulla astensione del dipendente dalla partecipazione al procedimento in argomento.
     L'articolo 15 del Codice di comportamento detta disposizioni particolari per i dirigenti (anche quelli esterni ex art. 19, co. 6, d. lgs. 165/2001) i quali prima di assumere le proprie funzioni, devono comunicare all'ANAC le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovrà dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attività ad esso inerenti. Le predette comunicazioni sono rese mediante autocertificazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 e contengono altresì l'impegno del dirigente medesimo a rendere edotta l'Autorità in caso di variazioni sopraggiunte. Il dirigente fornisce informazioni sulla propria situazione patrimoniale per l'attuazione da parte dell'Autorità di quanto previsto all'art.15 del d.lgs. 33/2013 relativo agli Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di incarichi dirigenziali e di collaborazione e consulenza.
    Il dirigente ha l'obbligo di osservare e vigilare sul rispetto delle regole in materia incompatibilità, cumulo degli impieghi e incarichi di lavoro da parte dei propri dipendenti, al fine di evitare pratiche illecite di "doppio lavoro", ai sensi di quanto previsto dal d.lgs. 39/2013.
    ultimo aggiornamento: 22 settembre 2014

    In tema di trasparenza delle pubbliche amministrazioni, negli ultimi anni sono state oggetto di riordino e rafforzamento le prescrizioni in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni (decreto legislativo n. 33/2013 come modificato dal decreto legislativo 96/2017), con particolare riferimento a quelle relative ai titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo (salvo che siano attribuiti a titolo gratuito) e ai titolari di incarichi dirigenziali, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. Al tempo stesso sono obbligatoriamente pubblicate ed aggiornare le informazioni relative ai titolari di incarichi di collaborazione o consulenza.

    Sono ricomprese in tali prescrizioni tutte le amministrazioni dello Stato, compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie.

    Tra gli obblighi di pubblicazione delle p.a. vi rientrano quelli che riguardano i dati dei titolari di incarichi politici, anche di natura non elettiva, e i dirigenti pubblici.

    Con riferimento a questi soggetti le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare:

    • l'atto di nomina (art. 14, comma 1, lett. a);
    • il curriculum (art. 14, comma 1, lett. b);
    • i compensi di qualunque natura connessi alla carica, compresi gli importi di viaggi di sevizio e missioni (art. 14, comma 1, lett. c);
    • i dati relativi ad eventuali altri incarichi in enti pubblici o privati e relativi compensi (art. 14, comma 1, lett. d);
    • altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e relativi compensi (art. 14, comma 1, lett. e);
    • le dichiarazioni patrimoniali cui all'articolo 2, della legge 5 luglio 1982, n. 441, nonché le attestazioni e dichiarazioni di cui agli articoli 3 e 4 della medesima legge, limitatamente al soggetto, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano. Viene in ogni caso data evidenza al mancato consenso (art. 14, comma 1, lett. f), D.Lgs. 33/2013).

     

    Le pubbliche amministrazioni pubblicano tali dati entro tre mesi dalla nomina o dal conferimento dell'incarico e per i tre anni successivi dalla cessazione dell'incarico (art. 14, comma 2).

    L'obbligo di pubblicazione dei dati patrimoniali, in origine previsto per i soli titolari di incarichi politici, è stato esteso anche ai dirigenti pubblici ad opera del D.Lgs. 97/2016 che ha apportato diverse modifiche e integrazioni al D.Lgs. 33/2013. Il nuovo comma 1-bis dell'articolo 14 del D.Lgs. 33/2013 ha previsto in particolare la pubblicazione di tali dati "per i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione".

    Per i dirigenti l'obbligo riguarda i dati patrimoniali ricavabili dalla dichiarazione dei redditi e da apposite attestazioni sui diritti reali sui beni immobili e mobili iscritti in pubblici registri, sulle azioni di società e sulle quote di partecipazione a società (art. 2, L. 441/1982). Inoltre, la medesima legge prevede che entro un mese dalla scadenza del termine utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche, è necessario depositare un'attestazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale intervenute nell'anno precedente e copia della dichiarazione dei redditi (art. 3) e che entro tre mesi successivi alla cessazione dall'ufficio è necessario depositare una dichiarazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale intervenute dopo l'ultima attestazione (art. 4).

    E' al contempo previsto l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di pubblicare ed aggiornare le informazioni relative ai titolari di incarichi di collaborazione o consulenza: gli estremi dell'atto di conferimento dell'incarico; il curriculum vitae; i dati relativi allo svolgimento di incarichi o la titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione o lo svolgimento di attività professionali; i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di consulenza o di collaborazione, con specifica evidenza delle eventuali componenti variabili o legate alla valutazione del risultato (articolo 15 del d.lgs. n. 33/2013).

    L'inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, compresi quelli di cui sopra, costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione e sono comunque valutati ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili (art. 46, D.Lgs. 33/2013).

    Inoltre, la mancata o incompleta comunicazione delle informazioni e dei dati concernenti la situazione patrimoniale complessiva del titolare dell'incarico al momento dell'assunzione in carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado, nonché tutti i compensi cui dà diritto l'assunzione della carica, dà luogo a una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro a carico del responsabile della mancata comunicazione e il relativo provvedimento è pubblicato sul sito internet dell'amministrazione o organismo interessato. Le sanzioni sono irrogate dall'ANAC, secondo le modalità fissate dalla medesima Autorità nel regolamento del 16 novembre 2016 (art. 47, D.Lgs. 33/2013).

    L'Autorità nazionale anticorruzione, in considerazione delle modifiche intervenute con il D.Lgs. 97/2016, ha adottato apposite Linee guida sull'attuazione dell'articolo 14 del D.Lgs. 33/2013 (Deliberazione 8 marzo 2017, n. 241) con le quali ha fornito indicazioni e chiarimenti ai fini dell'applicazione delle nuove diposizioni, compresa l'entrata in vigore.

    Nel corso della XVIII legislatura, sull'estensione dell'obbligo di pubblicazione ai redditi e patrimoni personali (di cui all'art. 14, comma 1, lett. f), del D.Lgs. 33/2013) di tutti i dirigenti pubblici è intervenuta la sentenza 20/2019 della Corte costituzionale, che ha evidenziato come in taluni casi i dati di cui era stato previsto un generale obbligo di pubblicazione non sono necessariamente e direttamente collegati all'espletamento dell'incarico affidato. La Corte ha quindi dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni devono pubblicare i dati patrimoniali di cui all'art. 14, comma 1, lettera f), per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, anziché solo per i titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall'art. 19, commi 3 e 4, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. La Corte ha ritenuto viceversa legittimo l'obbligo di pubblicazione dei compensi di tutti i dirigenti pubblici.

    Nelle more dell'adozione dei provvedimenti di adeguamento alla sentenza della Corte, il D.L. 162/2019 (art. 1, co. da 7 a 7-quater) ha sospeso fino al 31 dicembre 2020 l'applicazione delle sanzioni previste dagli articoli 46 e 47 del Codice della trasparenza, in caso di mancata pubblicazione sia dei compensi, sia dei dati patrimoniali dei dirigenti. Ciò ad esclusione, come specificato, dei dirigenti di cui all'art. 19, commi 3 e 4 del decreto legislativo 165 del 2001: si tratta dei dirigenti con incarichi di segretario generale di ministeri o con incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali (art. 19, comma 3) e dei dirigenti con incarichi di funzione dirigenziale di livello generale (art. 19, comma 4). Per tali dirigenti continua a trovare piena applicazione la disciplina di pubblicazione vigente (ex art. 14 D.Lgs. 33/2013).

    E' stata quindi demandata ad un regolamento di delegificazione, da adottare entro il medesimo termine (31 dicembre 2020, prorogato al 30 aprile 2021 dall'art. 1, co. 16 del D.L. 183 del 2020), sentito il Garante per la privacy, l'individuazione dei dati che le amministrazioni devono pubblicare con riguardo ai titolari di incarichi dirigenziali, comunque denominati, nel rispetto di determinati criteri quali:

    • la graduazione – tenuto conto di una serie di elementi relativi all'incarico svolto - degli obblighi di pubblicazione dei dati relativi al curriculum ed all'assunzione di altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e i relativi compensi;
    • la possibilità che i dati patrimoniali possano essere oggetto anche di sola comunicazione all'amministrazione di appartenenza;
    • l'individuazione dei dirigenti dell'amministrazione dell'interno, degli affari esteri, delle Forze di polizia, delle Forze armate e dell'amministrazione penitenziaria che sono esclusi dall'obbligo di pubblicazione, per motivi di sicurezza.

    Inoltre, non è consentita l'indicizzazione dei dati delle informazioni oggetto del regolamento e gli obblighi di pubblicazione sono estesi anche ai componenti delle commissioni straordinarie per la gestione degli enti locali sciolti per infiltrazioni mafiose e del comitato di sostegno e monitoraggio dell'azione delle commissioni straordinarie costituito presso il Ministero dell'interno.

    ultimo aggiornamento: 30 settembre 2022

    Nel corso della legislatura sono stati adottati alcuni interventi normativi sui profili organizzativi e funzionali della Scuola nazionale dell'amministrazione - SNA (originariamente denominata Scuola superiore della pubblica amministrazione: SSPA), istituzione di alta cultura e formazione, posta nell'ambito e sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio, che ha tra i suoi compiti primari il reclutamento, nonché l'attività formativa iniziale e permanente dei dirigenti e dei funzionari dello Stato.

    In particolare, l'articolo 5 del decreto-legge n. 80 del 2021 ha ridisegnato alcuni compiti della Scuola al fine di annoverarvi profili attinenti alla formazione del personale che operi negli uffici di diretta collaborazione dei Ministri nonché del personale delle pubbliche amministrazioni preposto allo sviluppo ed attuazione delle azioni contenute nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.

    Singole modifiche al  decreto legislativo n. 178 del 2009, disciplinante la riorganizzazione della Scuola, stabiliscono che la Scuola promuova e sostenga, durante l'intero percorso di carriera, la qualificazione e riqualificazione, l'aggiornamento professionale del personale che operi negli uffici di diretta collaborazione dei Ministri con competenze di supporto e raccordo con l'amministrazione (per l'esercizio dell'indirizzo politico-amministrativo, come prevede l'articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tr a le attività della Scuola si prevede inoltre la ricerca e lo studio di specifiche tipologie di formazione, per il personale delle pubbliche amministrazioni preposto allo sviluppo ed attuazione delle azioni contenute nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. 

    Il DL 80/2021 ha altresì introdotto nell'organizzazione della Scuola, la figura del Segretario generale, in luogo della figura del dirigente amministrativo. La figura del Segretario generale, rispetto al dirigente amministrativo, assume la titolarità di un più articolato spettro di compiti, alcuni dei quali precedentemente attribuiti al Presidente - come la proposta in Comitato di gestione dei bilanci preventivo e consuntivo, o l'attivazione del Comitato di gestione affinché questo sia sentito circa la definizione dell'organizzazione interna della Scuola. Inoltre il Segretario generale è membro del Comitato di gestione (laddove il dirigente amministrativo partecipava senza diritto di voto).

    Sono conseguentemente ridefinite in parte le attribuzioni del Presidente della Scuola: il Presidente infatti elabora le strategie di sviluppo dell'attività di formazione, "d'intesa" con il Segretario generale, oltre che sentito il Comitato scientifico (mediante la progettazione, la programmazione e la realizzazione di attività di partenariato con università ed istituti di alta formazione nazionali e internazionali). Quella medesima intesa è prevista per la nomina da parte del Presidente dei docenti della Scuola; per l'esercizio delle altre attribuzioni presidenziali; per la redazione (sentito il Comitato scientifico) del programma triennale ed annuale. È stata soppressa la previsione che tra le categorie di scelta del Presidente rientri quella dei consiglieri parlamentari o di "soggetti equiparati" a quelli previsti.

    Con un'ulteriore modifica si dispone che i docenti della Scuola i quali esercitino l'opzione per il regime a tempo definito, abbiano ridotto "corrispondentemente" il trattamento economico.

    Il decreto, come modificato su questo punto dal D.L. 92/2021 (art. 7, co. 3) ha dettato una disciplina transitoria, posta la soppressione della figura del dirigente amministrativo, le cui funzioni risultano appunto 'assorbite' dalla nuova figura del Segretario generale.

    Ulteriori disposizioni sulla Scuola sono state dettate con il decreto-legge n. 36 del 2022 (articolo 12) che:

    • ha introdotto la nuova figura del Vicepresidente, che svolge le funzioni delegategli dal Presidente, e lo sostituisce in caso di assenza o impedimento. È scelto tra le stesse categorie professionali tra le quali è scelto il Presidente e può essere confermato per una sola volta;
    • autorizza il reclutamento di personale non dirigenziale con contratto a tempo indeterminato, mediante procedure selettive, nell'ambito delle quali possono essere valorizzate le attività pregresse di collaboratore preposto al tutoraggio, nonché il reclutamento di nuovo personale specialista in formazione e comunicazione e sistemi di gestione o per mansioni di supporto alla didattica e alla gestione dell'amministrazione;
    • ha stabilito un'articolazione - oltre che nella sede centrale (Roma) e nella sede decentrata (Caserta) - in "poli formativi" localizzati sul territorio nazionale;
    • ha aumentato (di due unità dirigenziali di livello non generale) la dotazione organica della Presidenza del Consiglio per il potenziamento della Scuola nazionale dell'amministrazione connesso all'attuazione del PNRR.

    Infine con il decreto-legge n. 68/2022 (art. 9, co. 10-bis), si consente alla SNA di prevedere nella propria offerta formativa l'erogazione anche di Corsi di alta formazione e di perfezionamento post lauream. Tale previsione, che dovrà tuttavia avvenire nel rispetto dei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, persegue l'obiettivo di sviluppare nuovi percorsi formativi volti a favorire l'integrazione interdisciplinare tra il mondo accademico, la formazione e la ricerca nel settore della PA, nonché di integrare il sistema della formazione universitaria, post universitaria, della ricerca e quello dell'accesso sempre più qualificato nella PA.

    La disposizione consente, altresì, alla Scuola di emanare bandi per corsi di dottorato in Scienze della Pubblica amministrazione. È previsto un massimo di 8 candidati in via di prima applicazione, fino al raggiungimento - a regime - di un numero di frequentatori fino a 32 unità, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

    ultimo aggiornamento: 30 settembre 2022

    Nel corso della legislatura, la legge di bilancio 2022 (L. 234 del 2021, articolo 1, co. 68) ha stabilito a decorrere dall'anno 2022, per chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche retribuzioni o emolumenti comunque denominati in ragione di rapporti di lavoro subordinato o autonomo intercorrenti con le autorità amministrative indipendenti, con gli enti pubblici economici e con le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ivi incluso il personale di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, che il limite retributivo di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto legge n. 66 del 2014 (pari a 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente), è rideterminato sulla base della percentuale stabilita ai sensi dell'articolo 24, comma 2, della legge n. 448 del 1998 (pari all'1,71 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2020), in relazione agli incrementi medi conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati come calcolati dall'Istat ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 24.

    Si ricorda in proposito che nell'ambito delle misure di contenimento della spesa pubblica è stato introdotto, a decorrere dal 1° maggio 2014, un limite massimo retributivo per tutto il personale pubblico, fissato in 240.000 euro, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente (in virtù delle modifiche introdotte con l'articolo 13 del D.L. n. 66/2014 agli articoli 23-bis e 23-ter del D.L. n. 201/2011).

    Oltre a definire un "nuovo tetto", è stata estesa la platea di destinatari del "tetto" retributivo.

    Non sono inoltre più fatti salvi i compensi percepiti per prestazioni occasionali, talché deve intendersi che si debbano includere nel computo cumulativo delle somme comunque erogate all'interessato dalle amministrazioni pubbliche e sono incluse espressamente le somme erogate dalle società da esse partecipate in via diretta o indiretta. Di conseguenza, il nuovo "tetto" di 240.000 euro trova applicazione alle somme complessivamente erogate all'interessato a carico di uno o più organismi o amministrazioni della p.a. (di cui all'art. 1, co. 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001).

     

    Gli articoli 23- bis e 23- ter del D.L. n. 201/2011 (e le previsioni dell'art. 1, co. 471-474, L. n. 147/2013, che sono intervenute sulla materia) prevedevano in un primo momento, che il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione costituisse parametro massimo di riferimento per la definizione del trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva, a carico delle finanze pubbliche, emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo (inclusi i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo) con pubbliche amministrazioni statali e con società dalle stesse partecipate. La determinazione puntuale era stata rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: il D.P.C.M. del 23 marzo 2012 ha quantificato in 293.658,95 euro tale indice. In particolare, il d.P.C.M. 23 marzo 2012 definisce, in relazione alle diverse funzioni svolte, il trattamento economico erogabile, utilizzando come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del Primo presidente della Corte di Cassazione, che si aggiunge all'ulteriore limite circa le somme che possono essere corrisposte ai dipendenti delle amministrazioni che siano chiamati a svolgere funzioni direttive dirigenziali o equiparate presso Ministeri o enti pubblici nazionali, comprese le autorità amministrative indipendenti: questi soggetti - se conservano il trattamento economico riconosciuto dall'amministrazione di appartenenza - non possono ricevere a titolo di retribuzione, indennità, o anche solo per il rimborso spese, più del 25% dell'ammontare complessivo del trattamento economico già percepito (art. 23- ter, comma 2).
    Ad inizio della XVII legislatura, con nota circolare del 16 luglio 2013, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione ha invitato le amministrazioni a comunicare lo stato dell'applicazione del d.P.C.M. 23 marzo 2012 al 31 dicembre 2012. Nel relazionare sullo stato di attuazione di tale normativa, doveva essere evidenziato, per i casi in cui fossero emerse situazioni di scostamento, se le operazioni di riconduzione al tetto si siano completate. Si richiedeva inoltre di segnalare l'eventuale emanazione di direttive interne al fine di assicurare l'applicazione a regime delle prescrizioni del d.P.C.M. 23 marzo 2012.
    Sulla materia, nella XVII legislatura, era già intervenuta la legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014) estendendo l'ambito di applicazione soggettivo del limite previsto dall'art. 23- ter. La legge di stabilità 2014, infatti, ha specificato che il parametro ivi stabilito trovi applicazione, dal 1° gennaio 2014, anche nei confronti di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche retribuzioni o emolumenti in ragione di rapporti di lavoro subordinato o autonomo con le autorità amministrative indipendenti (art. 1, co. 471). La legge n. 147/2013 ha stabilito, altresì, che tali disposizioni si applichino anche agli emolumenti dei componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 (art. 1, co. 472).
     Tali previsioni recavano specifiche previsioni per le società direttamente o indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni emittenti strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati nei mercati regolamentati. nonché per le società dalle stesse controllate e per le società che emittenti titoli azionari quotati nei mercati regolamentati.

    A sua volta, il "Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica" (d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175) è intervenuto (art. 11) sui requisiti dei componenti degli organi amministrativi e di controllo di società a controllo pubblico prevedendo, tra l'altro, che nella scelta degli amministratori delle sia assicurato il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo. E' al contempo disciplinata la composizione degli organi di amministrazione, con riferimento anche al numero dei componenti, e i compensi corrisposti ai componenti degli organi di amministrazione e di controllo e ai dipendenti delle società in controllo pubblico.

    A tal fine è previsto che il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, emani un decreto che, sulla base di indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi, classifichi le società in cinque fasce. Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite massimo dei compensi del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 euro annui.

    Si ricorda infine che la Corte costituzionale, con la sentenza  n. 124/2017,  ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sul limite retributivo e sul divieto di cumulo retribuzione-pensione previsti a decorrere dal 1° maggio 2014.

    ultimo aggiornamento: 22 aprile 2022

    All'inizio della legislatura, all'interno del disegno di legge di iniziativa del Governo Conte I di riforma della pubblica amministrazione - il cui esame è stato avviato al Senato (S. 1122) -  era contenuta una delega al Governo per il riordino della dirigenza, al fine di incentivare la qualità della prestazione lavorativa dei dirigenti (articolo 4).

    Alcuni princìpi e criteri della delega attengono alla revisione del sistema di reclutamento dei dirigenti pubblici, prevedendo in particolare la revisione dei requisiti per l'accesso alla qualifica di dirigente, l'attribuzione della complessiva gestione dei concorsi per i dirigenti statali alla SNA (Scuola nazionale dell'amministrazione), l'introduzione di concorsi per titoli ed esami riservati al personale dipendente con le valutazioni migliori nell'ultimo triennio, la revisione della quota percentuale riservata ai concorsi pubblici per l'accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia nelle amministrazioni statali, nonché la semplificazione della vigente normativa sul reclutamento dei dirigenti scolastici. 

    In tema di incarichi dirigenziali, le norme di delega aprono alla ridefinizione dei criteri per il conferimento, la conferma e la revoca degli incarichi dirigenziali, e all'introduzione di disposizioni che, con particolare riferimento agli incarichi di livello dirigenziale generale, valorizzino la capacità professionale e i risultati conseguiti nell'ambito degli incarichi già svolti.

    Si prevede inoltre l'introduzione di disposizioni in materia di rinnovabilità dell'incarico. Ulteriori criteri prefigurano la modifica della vigente disciplina in materia di conferimento degli incarichi dirigenziali a soggetti estranei alla pubblica amministrazione e e l'elevamento delle quote percentuali di dotazione organica - entro un limite massimo del 30 per cento - per le quali è possibile il conferimento di incarichi ai dirigenti appartenenti ai ruoli di altre amministrazioni pubbliche e semplificazione delle relative procedure, eventualmente anche eliminando l'obbligo del rilascio del nulla osta da parte dell'amministrazione di appartenenza.

    Nell'ambito della delega si prevede inoltre:

    • l'elaborazione di un codice di condotta recante tutte le ipotesi di responsabilità disciplinare;
    • l'aggiornamento della disciplina della responsabilità dirigenziale e delle relative modalità di accertamento 
    • la qualificazione come ipotesi di responsabilità sia disciplinare sia dirigenziale delle fattispecie di omessa verifica dell'effettiva presenza in servizio del personale assegnato, di scarsa produttività o di inefficiente organizzazione delle risorse a disposizione;
    • l'implementazione della banca dati della dirigenza statale.
    ultimo aggiornamento: 5 aprile 2019
     
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