tema 2 maggio 2022
Studi - Giustizia Studi - Istituzioni Contrasto alla corruzione

Ampio spazio di discussione hanno avuto, nelle ultime legislature, le tematiche legate alla prevenzione e repressione dei fenomeni di corruzione. Il legislatore si è attivato per introdurre nuove fattispecie di reato, inasprire le pene per i reati già previsti e disciplinare modelli organizzativi per prevenire il fenomeno corruttivo. In XVIII legislatura si segnala, in particolare, l'approvazione della legge n. 3 del 2019 (c.d. spazzacorrotti), che ha introdotto misure in materia di contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione, di prescrizione e di trasparenza dei partiti e dei movimenti politici e delle fondazioni, con particolare riferimento al loro finanziamento.

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La legge n. 3 del 2019 detta misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, introdotte con modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, al codice civile, all'ordinamento penitenziario e ad alcune leggi speciali.

In particolare, con le modifiche al codice penale, la legge:

  • prevede la possibilità di perseguire, senza una richiesta del Ministro della Giustizia e in assenza di una denuncia di parte, i cittadini italiani o stranieri che commettono alcuni reati contro la P.A. all'estero;
  • amplia l'ambito applicativo e inasprisce le pene accessorie conseguenti alla condanna per reati contro la P.A. Si fa riferimento, ad esempio, all'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione e all'interdizione dai pubblici uffici, che vengono rese perpetue in caso di condanna superiore a 2 anni di reclusione. L'interdizione dai pubblici uffici permane anche in caso di riabilitazione del condannato, per ulteriori 7 anni. L'incapacità di contrattare con la p.a. è introdotta anche come misura interdittiva, da applicare all'imputato prima della condanna;
  • modifica la disciplina della sospensione condizionale della pena, subordinando la concessione, in caso di delitti contro la P.A., al pagamento della riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione lesa e consentendo al giudice di non estenderne gli effetti alle pene accessorie;
  • consente una più estesa applicazione delle pene accessorie per alcuni reati contro la pubblica amministrazione, eliminando gli automatismi procedurali che ne limitano attualmente l'ambito, ad esempio intervenendo sulla disciplina del patteggiamento;
  • aumenta la durata delle sanzioni interdittive che possono essere comminate alle società e agli enti riconosciuti amministrativamente responsabili di una serie di reati contro la P.A.;
  • aumenta la pena per il delitto di corruzione per l'esercizio della funzione;
  • abroga il delitto di millantato credito, ricomprendendo anche questa condotta nel delitto di traffico di influenze illecite;
  • prevede una causa di non punibilità per colui che collabora con la giustizia, a patto che vi sia una confessione spontanea che intervenga prima che l'interessato abbia notizia di una indagine a suo carico e comunque entro 4 mesi dalla commissione del reato;
  • consente, anche in relazione ai delitti di corruzione, al giudice dell'impugnazione di accertare la responsabilità dell'imputato nonostante la prescrizione del reato al fine di provvedere comunque alla confisca allargata del denaro o dei beni frutto dell'illecito;
  • modifica le fattispecie di corruzione tra privati previste dal codice civile per prevedere la procedibilità d'ufficio;

Sotto il profilo delle indagini penali, la legge 3/ 2019 interviene per estendere la disciplina delle operazioni di polizia sotto copertura al contrasto di alcuni reati contro la pubblica amministrazione e consente sempre l'utilizzo delle intercettazioni, anche mediante dispositivi elettronici portatili (cd. trojan), nei procedimenti per reati contro la P.A.

Per quanto riguarda la fase successiva alla condanna penale, la riforma modifica l'ordinamento penitenziario per inserire alcuni delitti contro la pubblica amministrazione nel catalogo dei reati che precludono, in caso di condanna, l'accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione, a meno di collaborazione con la giustizia.

ultimo aggiornamento: 17 gennaio 2019

La legge n. 3 del 2019 ha previsto una parziale riforma dell'istituto della prescrizione del reato, attraverso la modifica degli articoli 158, 159 e 160 del codice penale. In sintesi, a partire dal 1° gennaio 2020, la legge ha sospeso il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia di condanna che di assoluzione) o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto.

Ulteriori modifiche alla disciplina della prescrizione sono state introdotte dalla successiva legge n. 134 del 2021, che pur confermando che il corso della prescrizione del reato si blocca con la sentenza di primo grado, sia essa di assoluzione o di condanna:

  • esclude che al decreto penale di condanna, emesso fuori dal contraddittorio delle parti, possa conseguire l'effetto definitivamente interruttivo del corso della prescrizione;
  • prevede che se la sentenza viene annullata, con regressione del procedimento al primo grado o ad una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla pronuncia definitiva di annullamento.

Parallelamente, sempre con previsione immediatamente prescrittiva, la legge n. 134 del 2021 ha introdotto nel codice di procedura penale l'istituto dell'improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione. Con l'inserimento dell'art. 344-bis c.p.p. si prevedono termini di durata massima dei giudizi di impugnazione individuati rispettivamente in 2 anni per l'appello e un anno per il giudizio di cassazione: la mancata definizione del giudizio entro tali termini comporta la declaratoria di improcedibilità dell'azione penale.

Tuttavia i termini di durata dei giudizi di impugnazione, che sono sospesi negli stessi casi in cui è prevista la sospensione della prescrizione, possono essere prorogati dal giudice che procede. Ed in particolare:

  • per i reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, di associazione mafiosa e di scambio elettorale politico-mafioso, di violenza sessuale aggravata e di traffico di stupefacenti, il termine dei 2 anni in appello e di un anno in Cassazione può essere prorogato, per ragioni inerenti la complessità del giudizio, con successive proroghe, senza limiti di tempo: non è dunque fissato un limite di durata per tali giudizi;
  • per i delitti aggravati dal metodo mafioso e dall'agevolazione mafiosa ai sensi dell'articolo 416-bis.1, possono essere concesse proroghe fino ad un massimo di 3 anni per l'appello e un anno e 6 mesi per il giudizio di legittimità; in tali casi quindi la durata massima del giudizio in appello è di 5 anni e quella del giudizio in Cassazione è di 2 anni e 6 mesi;
  • per tutti gli altri reati è possibile solo una proroga di un anno per il giudizio di appello e di 6 mesi per il giudizio in Cassazione: la durata massima è quindi di 3 anni per l'appello e di 1 anno e 6 mesi per la Cassazione, sempre che ricorrano i motivi che giustificano la proroga.

I termini di durata massima dei giudizi di impugnazione non si applicano nei procedimenti per delitti puniti con l'ergastolo e quando l'imputato vi rinunci.

La disposizione, inoltre, novella l'art. 578 c.p.p. in tema di decisione sugli effetti civili nel caso di improcedibilità dell'azione.

Con norma transitoria, è previsto che le nuove norme in materia di improcedibilità trovino applicazione solo nei procedimenti di impugnazione che hanno ad oggetto reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020; per questi procedimenti, peraltro, se l'impugnazione è proposta entro la fine del 2024, i termini di durata massima dei giudizi sono rispettivamente di 3 anni per l'appello e di 1 anno e mezzo per il giudizio di Cassazione.

ultimo aggiornamento: 1 settembre 2022
 
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