E' all'esame dell'Assemblea della Camera dei deputati la proposta di legge (A.C. 313-A), che intende trasferire al Ministero dell'economia e finanze le quote di capitale della Banca d'Italia detenute da soggetti privati e, comunque, consentire che dette quote circolino solo presso soggetti pubblici.
Nella seduta del 9 luglio 2019 la Commissione VI Finanze ha votato la soppressione degli articoli 1 e 2, conferendo il mandato al relatore a riferire in Assemblea in senso contrario.
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Come anticipato, la proposta di legge intende trasferire al Ministero dell'economia e finanze le quote di capitale della Banca d'Italia detenute da soggetti privati e, comunque, consentire che dette quote circolino solo presso soggetti pubblici. La cessione deve avvenire al valore nominale delle quote.
Si prevede che venga meno, attraverso l'abrogazione esplicita delle norme del decreto-legge n. 133 del 2013, l'attuale assetto proprietario della Banca d'Italia.
Nella seduta del 9 luglio 2019 la Commissione VI Finanze ha votato la soppressione degli articoli 1 e 2 della proposta, conferendo il mandato al relatore a riferire in Aula in senso contrario.
Più in dettaglio, l'articolo 1 dispone che le quote di proprietà della Banca d'Italia detenute da soggetti privati siano acquisite dal Ministero dell'economia e delle finanze al loro valore nominale, come stabilito dall'articolo 20 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, ovvero in misura pari a 154.937 euro (trecento milioni di lire); il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a cedere le proprie quote esclusivamente a soggetti pubblici (comma 1).
Si affida a un regolamento, da adottare - entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della proposta - con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato (ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988), il compito di disciplinare le modalità di trasferimento delle quote acquisite dal MEF (comma 2).
L'articolo 2 della proposta intende abrogare alcune disposizioni incompatibili con l'assetto delineato dalla proposta: si tratta degli articoli 4, 5 e 6 del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133.
Il richiamato articolo 4, nel ribadire l'indipendenza dell'Istituto, definisce inoltre la Banca d'Italia quale autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico (di cui all'articolo 6 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013) e reca le attuali disposizioni sulla partecipazione al capitale della Banca medesima, che possono attualmente essere detenute da banche aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia, imprese di assicurazione e riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia, fondazioni bancarie, enti ed istituti di previdenza ed assicurazione aventi sede legale in Italia e fondi pensione.L'articolo 5 reca la disciplina di alcuni organi dell'Istituto, in particolare dell'Assemblea dei partecipanti al capitale e del Consiglio Superiore. L'articolo 6 individua i principi, le modalità e i criteri che informano lo Statuto della Banca d'Italia con riferimento agli assetti proprietari; descrive le modalità di contabilizzazione delle quote nei bilanci dei soggetti partecipanti, nonché il processo di dematerializzazione delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia.
A seguito della richiesta formulata dal Presidente della Camera, conformemente alle norme europee (articolo 127 TFUE e Decisione 98/415/UE) la BCE il 24 giugno 2019 ha reso il proprio parere sulla proposta di legge in commento.
In primo luogo, l'Autorità ricorda che il Trattato nulla dice riguardo la struttura proprietaria delle banche centrali, che viene dunque rimessa all'autonoma determinazione degli Stati membri, purché venga comunque rispettato il principio dell'indipendenza della banca centrale previsto dall'articolo 130 del Trattato e dalle altre norme del Trattato che disciplinano il SEBC o i compiti derivanti dalla partecipazione all'Eurosistema. Tuttavia sottolinea che, ove la Banca Centrale Nazionale sia organizzata come organismo di proprietà pubblica, ente pubblico di diritto speciale o semplicemente società per azioni, vi è il rischio che i soggetti proprietari esercitino indebite ingerenze sui processi decisionali in relazione ai compiti derivanti dalla partecipazione al SEBC: tale influenza può incidere sull'indipendenza delle BCN e dovrebbe essere limitata per legge.
Al riguardo la BCE rileva che la proposta di legge in esame intende abrogare alcune disposizioni vigenti (articolo 5, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 133 del 2013, sopra illustrati) volte a tutelare l'indipendenza dell'Istituto ed evitare ingerenze indebite nell'esercizio dei poteri e delle competenze della Banca d'Italia relative all'appartenenza al SEBC. Ritiene dunque importante che tali articoli non siano abrogati. In generale, la BCE sollecita le autorità italiane a valutare attentamente i possibili effetti diretti o indiretti indesiderati della proposta sull'indipendenza della Banca d'Italia, come sancito dall'articolo 130 del Trattato. Si chiede inoltre all'Italia di garantire che non sia abrogata la disposizione in forza della quale il Ministro dell'Economia e delle Finanze non ha il potere (come invece previsto dall'articolo 114 del RD n. 204 del 1910, abrogato dall'articolo 6 del decreto-legge n. 133 del 2013) di sospendere e annullare le deliberazioni del Consiglio Superiore ove il Ministro le ritenga contrarie alle leggi, ai regolamenti e agli statuti.
La proposta di legge abrogherebbe altresì l'articolo 4, comma 1, decreto-legge 133/2013 che dichiara la Banca d'Italia come autorità indipendente nella gestione delle proprie finanze. La BCE evince che l'abrogazione di tale disposizione sia involontaria, attesa la rilevanza dell'indipendenza finanziaria nel quadro del principio di indipendenza delle banche centrali ai sensi dell'articolo 130 del Trattato. Si raccomanda pertanto il ripristino dell'articolo 4, comma 1.
La BCE evidenzia altresì che dalla proposta scaturiscono incertezze giuridiche, dovute in particolare alla mancata previsione dell'adeguamento dello Statuto della Banca d'Italia alle norme che si intende introdurre. In linea generale, lo Statuto della Banca d'Italia deve contenere disposizioni finalizzate a garantireche, indipendentemente da deliberazioni discrezionali del Consiglio superiore e dell'Assemblea dei partecipanti, possa essere costituito un ammontare sufficiente di riserve ordinarie e, se necessario, di riserve straordinarie al fine di garantire che la Banca d'Italia abbia i mezzi finanziari per assolvere i propri compiti statutari.
Auspica dunque di essere ulteriormente consultata su altre proposte di modifica legislativa, regolamentare o statutaria riguardanti la struttura proprietaria e di governance della Banca d'Italia, compreso, ma non solo, il regolamento delegato del governo previsto nella proposta di legge sulla struttura proprietaria della Banca d'Italia nonché su qualsiasi modifica della struttura di governance e dello Statuto della Banca d'Italia che possa derivare dal mutamento della struttura proprietaria.
Con riferimento all'impatto sugli enti creditizi, la previsione di un acquisto delle quote al valore nominale di mille lire, pari a 51,64 centesimi di euro, anziché al valore nominale di 25.000 euro specificato nello Statuto della Banca d'Italia, potrebbe avere un impatto sugli enti creditizi che possiedono le quote di partecipazione della Banca d'Italia, che sono iscritte a bilancio per un importo pari al valore nominale attualmente indicato nello Statuto della Banca d'Italia. Dall'attuazione della proposta di legge,evidenzia la BCE, potrebbe derivare un impatto negativo sulla capitalizzazione del settore bancario italiano. Infine, pur riconoscendo che spetta alle autorità italiane valutare se la proposta di legge sia conforme ai principi legislativi e costituzionali italiani, la BCE osserva che il prezzo di acquisto summenzionato merita attenzione da parte delle autorità italiane sotto il profilo del diritto di proprietà.