Le quote latte
Il sistema del contingentamento
Il sistema di contingentamento produttivo definito con il regime delle quote latte è stato introdotto, a decorrere dal 1984, con il regolamento (CEE) n. 856/84 , che ha inserito l'art. 5-quater nel regolamento (CEE) 804/68 sulla organizzazione comune di mercato del settore lattiero caseario (entrambi i regolamenti non sono più in vigore). Ciò al fine di ridurre lo squilibrio tra offerta e domanda in Europa e risanare il settore: esso è cessato il 1° aprile 2015.
Va chiarito, in merito, che l'annata di produzione lattiera, ai fini dell'applicazione del sistema delle quote, non coincideva con l'anno solare, ma iniziava il 1° aprile e terminava il 31 marzo dell'anno successivo.
La normativa comunitaria - contenuta dapprima nel Reg. 3950/92, poi nel Reg. 1788/2003 e, infine, nel Reg. 1234/2007 - ha richiesto un complesso sistema organizzativo capace di ripartire il quantitativo globale garantito di latte, attribuito dall'Unione europea ad ogni Stato membro, in quote individuali da assegnare ai produttori, per poi procedere alla riscossione delle cosiddette multe in caso di superamento di tali quote (denominate "prelievo supplementare"), dovute dai produttori con eccesso di produzione (i dati relativi ai quantitativi di latte consegnati all'acquirente sono da quest'ultimo registrati e trasmessi agli organi pubblici competenti, permettendo così di tracciare il latte commercializzato da ogni produttore).
Si era, quindi, previsto che lo Stato nazionale, attraverso le sue articolazioni, incassasse il prelievo supplementare dai produttori - da considerarsi non come una vera e propria sanzione, ma come un disincentivo alla produzione di latte oltre una certa soglia - e lo versasse ai competenti organi dell'Unione europea (precedentemente Comunità europea).
Il meccanismo europeo aveva, peraltro, previsto - a decorrere dalla campagna 2003/2004, alla luce di una insoddisfacente attuazione dello stesso - la obiettiva responsabilità degli Stati nazionali nei confronti dell'Unione europea nella corretta gestione del sistema, rendendoli direttamente debitori del prelievo dovuto dalle aziende: nel caso in cui tali Stati non avessero versato al FEAGA (precedentemente FEAOG) l'importo dovuto nei termini previsti, l'importo di tale prelievo sarebbe stato trattenuto dalla Comunità, decurtandolo dagli aiuti destinati alla PAC (art. 3 del regolamento (CE) 1788/2003, abrogato dal regolamento (CE) n. 1234/2007, che, all'art. 78, paragrafo 3, ha dettato le regole sul prelievo fino all'ultima campagna 2014/2015). Gli Stati membri erano responsabili per il superamento della quota nazionale; i singoli produttori venivano, invece, considerati responsabili del superamento delle quote individuali, una volta effettuate dallo Stato membro le dovute compensazioni in relazione alla parte inutilizzata della quota nazionale.
Lo Stato, pur in presenza di una riduzione (a causa del mancato versamento del prelievo supplementare) - a livello di saldi contabili - delle somme di provenienza europea destinate agli aiuti per la PAC, ha continuato a versare gli importi dovuti agli agricoltori che ne avevano diritto in base alla disciplina comunitaria (purché gli stessi non fossero debitori di somme dovute a titolo di prelievo supplementare o ad altro titolo).
A decorrere dal 1° gennaio 2014, il regolamento (UE) n. 1308/2013, nel quale è contenuta la disciplina dell'organizzazione comune di mercato per il nuovo periodo di programmazione 2014-2020, ha abrogato e sostituito la precedente disciplina di cui al suddetto regolamento (CE) n. 1234/2007. Tuttavia, ai sensi dell'articolo 230, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 1308/2013, il regime delle cosiddette quote latte - come anticipato - ha continuato ad operare fino al 31 marzo 2015; hanno, dunque, continuato ad applicarsi sino a tale data le relative norme contenute nel citato regolamento n. 1234/2007: in particolare, la Parte II, Titolo I, Capo III, Sezione III dello stesso regolamento (artt. 65-84, dedicati specificamente al latte), nonché l'articolo 55 (che prevede in generale i regimi di quote e il potenziale produttivo), l'articolo 85 (che prevede disposizioni procedurali relative alle quote nei settori dello zucchero, del latte e della fecola di patate) e gli allegati IX (relativo alle quote nazionali e ai quantitativi) e X (concernente il tenore di riferimento dei grassi di cui all'art. 70).
Quanto al versante giudiziario, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha emesso, il 24 gennaio 2018, la sentenza sulla causa C-433/15, a conclusione di una procedura di infrazione contro la Repubblica italiana, per la mancata riscossione dei prelievi sul latte nelle campagne dal 1995/1996 al 2008/2009. La Corte, in tale occasione, ha sancito l'inadempimento della Repubblica italiana agli obblighi previsti dalla normativa europea in merito al sistema delle quote-latte, per aver omesso di garantire che il prelievo supplementare dovuto per la produzione realizzata in Italia in eccesso rispetto al livello della quota nazionale (a partire dalla campagna 1995/1996 sino a quella del 2008/2009) fosse effettivamente addebitato ai produttori che avevano contribuito al superamento della quota e che venisse pagato dagli stessi.
Da ultimo, la medesima Corte ha emesso, l'11 settembre 2019, la sentenza sulla causa C-46/18, su una domanda di pronuncia pregiudiziale che ha visto, da un lato, un caseificio sociale e alcuni produttori di latte italiani e, dall'altro, l'AGEA e la Regione Veneto, in merito alle quote latte e al prelievo supplementare per il periodo di commercializzazione tra il 1° aprile 2003 e il 31 marzo 2004. La Corte di giustizia ha statuito ritenendo che quanto previsto dall'art. 2, par. 4, del Reg. n.3950/92 (in base al quale, qualora il prelievo sia dovuto e l'importo riscosso sia superiore, lo Stato membro può destinare l'eccedenza riscossa al finanziamento di alcune misure o rimborsarlo ai produttori che rientrano in categorie prioritarie stabilite dallo Stato membro) osta a una normativa nazionale (art. 2, comma 3, del decreto-legge n.157 del 2004) che prevede che il rimborso dell'eccedenza del prelievo supplementare debba favorire, in via prioritaria, i produttori che abbiano adempiuto il loro obbligo di versamento mensile.
L'attuazione del regime delle quote latte in Italia
L'applicazione in Italia - non tempestiva - del sistema introdotto nel 1984 (ormai scaduto dopo una trentennale gestione del comparto) è stata segnata da "splafonamenti" (ossia superamenti) della quota produttiva assegnata al nostro Paese e da un vasto contenzioso accumulato nelle sedi giudiziarie.
D'altra parte, l'assegnazione effettuata dalla Comunità nel 1984 non era ritenuta dall'Italia adeguata alle sue necessità né corrispondente al dato reale di produzione.
La Relazione speciale della Corte dei conti n. 3/2002 sul prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari (delibera n. 5 del 28 ottobre 2002) affermava: "Ciò che ha caratterizzato in Italia l'entrata in vigore della regolamentazione comunitaria del 1984 è stata la sua sostanziale disapplicazione fino al 1992" (pag. 5), rilevando un "mancato adeguamento alla normativa comunitaria politicamente asseverato dal Governo italiano e motivato in sede comunitaria facendo leva sulla complessità del sistema ... " (pag. 6).
Con la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 17 giugno 1987 (Causa 394/85), l'Italia veniva condannata per essere venuta meno agli obblighi comunitari e ciò consentiva in pratica anche l'operatività di rettifiche finanziarie eseguite dalla Commissione in sede di liquidazione dei conti FEAOG relativi ai periodi 1984/85-1986/87. Tali rettifiche definirono in 77,6 miliardi di lire l'importo globale del prelievo supplementare che, non essendo stato riscosso dai produttori eccedentari, rimaneva in sostanza a carico del bilancio dell'AIMA (l'Azienda per gli interventi sul mercato agricolo, in seguito sostituita dall'AGEA, ai sensi del decreto legislativo n. 165 del 1999).
Con l'accordo Ecofin del 21 ottobre 1994, l'Italia accettò di pagare 3.620 miliardi di lire (pari a 1.869 milioni di euro), addossando allo Stato l'onere conseguente alla mancata riscossione del prelievo per il periodo precedente in cui erano state disattese le norme comunitarie (dal 1988 al 1992/93).
A livello di ordinamento nazionale, l'articolo unico della legge n. 201 del 1991 stabilì, al comma 3, che le norme comunitarie sul prelievo si dovessero applicare a partire dal periodo 1991/92, ponendo a carico dell'AIMA i saldi contabili con la Comunità economica europea dovuti per i periodi dal 1987/88 al 1990/91 (comma 9).
Subito dopo, la legge n. 468 del 1992 - prima legge di regolazione organica della materia - mise a regime il sistema delle quote latte a decorrere dalla campagna 1993/94 (art. 1).
Tale legge è stata, poi, abrogata dal decreto-legge n. 49 del 2003 (convertito dalla legge n. 119/03) che, contestualmente, ha riformato la normativa in tema di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari.
Il provvedimento ha ridefinito i ruoli e le responsabilità degli operatori della filiera (produttori e acquirenti) e dei soggetti istituzionalmente competenti (dicastero, regioni, AGEA, che diviene organismo di coordinamento e referente unico per la Comunità europea) .
Per favorire il riequilibrio tra le quote assegnate e il quantitativo realmente prodotto, il suddetto decreto ha liberalizzato le vendite di quote produttive, riconoscendo la possibilità di affitto temporaneo delle stesse e varando un programma di abbandono della produzione nelle regioni meno vocate (art. 10).
In ragione delle nuove e più restrittive regole, e nel tentativo di definire la questione delle multe pregresse, l'articolo 10 del predetto decreto-legge n. 49 del 2003 ha consentito ai produttori di latte (commi 34-40) di versare l'importo complessivamente dovuto - per le campagne lattiere dal 1995/96 al 2001/02 - in forma rateale, in un periodo non superiore a trenta anni, e senza interessi.
Le disposizioni furono state sostanzialmente accolte in sede europea , con l'Accordo del Consiglio Ecofin del 3 giugno 2003, "trasfuso" nella decisione 2003/530/CE.
Con la decisione in esame è stato previsto un ulteriore esborso - a titolo di prelievo supplementare per l'Italia - per il periodo dal 1995/1996 al 2001/2002, per 1,386 miliardi di euro.
Ulteriori 1,161 miliardi di euro sono stati posti a carico (e "versati" dall'Italia) a titolo di prelievo supplementare per le campagne dal 2002-2003 al 2008/2009.
L'applicazione del regime resterà in ogni caso travagliata, e porterà l'esborso complessivo nazionale nei confronti dell'Unione europea, accumulato fino alla campagna 2008/09, a circa 4,4 miliardi di euro (cfr. sul punto Corte dei conti, Relazione sulle quote latte, ottobre 2014, approvata con delibera n. 12/2014/G, pag. 3). La predetta relazione rileva inoltre che, per "il periodo precedente la campagna lattiera 1995/96, l'onere si è scaricato interamente sull'erario, mentre le somme teoricamente recuperabili nei confronti degli allevatori" (per i periodi dalla campagna 1995/96 a quella 2008/2009 compresa) "- e già anticipate all'Unione a carico della fiscalità generale - superano i 2.537 milioni".
Si ricorda - tra l'altro - che venne costituita una Commissione governativa di indagine ad hoc, ai sensi dell'art. 7 del decreto-legge n. 11 del 1997, e che venne, inoltre, svolta un'indagine conoscitiva sulle quote latte - nella XIII legislatura - da parte della XIII Commissione agricoltura della Camera, che ha portato all'approvazione, il 20 maggio 1997, del relativo documento conclusivo.
Successivamente alla campagna 2008-2009, l'Italia non ha registrato "splafonamenti", fino all'ultima campagna 2014/2015 (nella quale si sono verificati nuovi superamenti della quota imputabile ai produttori italiani per circa 31 milioni di euro di prelievo supplementare), sulla quale è intervenuto il decreto-legge n. 51 del 2015,
In particolare, tale decreto-legge ha previsto la possibilità, per i produttori di latte bovino, di pagare - in tre rate annuali senza interessi - l'importo del prelievo supplementare eventualmente dovuto per la campagna 2014/2015.
Le somme da recuperare riguardano le campagne dal 1995/1996 al 2007/2008, unitamente a quelle dovute per l'esubero verificatosi nella campagna 2014/2015.
Secondo quanto riportato dalla Corte dei Conti nella Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2018 (Vol. II) in merito alla situazione debitoria dello Stato italiano sulla gestione delle quote-latte:
Si arriva, quindi, ad un totale di 874 milioni di debiti riscossi o non più riscuotibili.
Dei restanti 1,4 miliardi di euro - prosegue la suddetta Relazione a pag. 386 - 120 milioni afferiscono a sentenze di annullamento, provvisoriamente esecutive, 394 milioni non sono attualmente esigibili per cautele giurisdizionali, 35 milioni sono in corso di riscossione rateale ex lege n. 33 del 2009, 880 milioni sono allo stato esigibili, ma non ancora esatti.
Da ultimo, la Corte di giustizia dell'Unione europea (sesta sezione), con la sentenza del 4 febbraio 2021 (causa C-640/2019), dopo aver ricostruito la vicenda delle cosiddette quote latte, si è espressa nel senso di non escludere dal calcolo delle quote nazionali per la produzione di latte e di altri prodotti lattiero-caseari, nonché dal calcolo dei prelievi sulle eccedenze, i quantitativi di latte rivolti alla produzione di formaggi che beneficiano di una denominazione d'origine protetta (DOP) e sono destinati ad essere esportati verso paesi terzi.