segnalazione 21 ottobre 2021
Studi - Affari sociali Obbligo vaccinale DL. 44/2021: pubblicata la sentenza del Consiglio di Stato che respinge il ricorso collettivo dei sanitari della Regione Friuli V. Giulia

La Sentenza del Consiglio di Stato n. 7045 del 20 ottobre 2021 ha respinto tutte le censure presentate con ricorso collettivo da alcuni esercenti professioni sanitarie e operatori di interesse sanitario della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, non ancora sottoposti alla vaccinazione obbligatoria contro il virus Sars-CoV-2. Con tale ricorso è stata impugnata  la sentenza del TAR Friuli Venezia Giulia che ha dichiarato inammissibile il ricorso collettivo e cumulativo già proposto dai medesimi ricorrenti avverso gli atti con i quali le Aziende Sanitarie friulane hanno inteso dare applicazione all'obbligo vaccinale previsto dall'art. 4 del DL. 44/2021 (L. n. 76/2021).

Quest'ultima disposizione ha stabilito l'obbligo della vaccinazione per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica in corso, e fino alla completa attuazione del Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2 per garantire il massimo livello di copertura vaccinale sul territorio nazionale, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, degli esercenti le professioni sanitarie e degli operatori di interesse sanitario di cui all'art. 1, comma 2, della l. n. 43 del 2006, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali. Ciò al fine di assicurare la tutela della salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza. Posta in tali termini, la vaccinazione costituisce esplicitamente un requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati.

 

Nella richiamata sentenza, il Consiglio di Stato ha dedotto (punto 31.1) che "la vaccinazione obbligatoria selettiva introdotta dall'art. 4 del D.L. n. 44 del 2021 per il personale medico e, più in generale, di interesse sanitario risponde ad una chiara finalità di tutela non solo – e anzitutto – di questo personale sui luoghi di lavoro e, dunque, a beneficio della persona, secondo il già richiamato principio personalista, ma a tutela degli stessi pazienti e degli utenti della sanità, pubblica e privata, secondo il pure richiamato principio di solidarietà, che anima anch'esso la Costituzione, e più in particolare delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili (per l'esistenza di pregresse morbilità, anche gravi, come i tumori o le cardiopatie, o per l'avanzato stato di età), che sono bisognosi di cura ed assistenza, spesso urgenti, e proprio per questo sono di frequente o di continuo a contatto con il personale sanitario o sociosanitario nei luoghi di cura e assistenza".

 

La sentenza nell'affermare che (punto 29.1) le risultanze statistiche evidenziano l'esistenza di un bilanciamento rischi/benefici assolutamente accettabile e che i danni conseguenti alla somministrazione del vaccino per il SARS-CoV-2 devono ritenersi, considerata l'estrema rarità del verificarsi di eventi gravi e correlabili, rispondenti ad un criterio di normalità statistica, evidenzia (punti 28.2-28.7) che il monitoraggio costante di questi aspetti compete al sistema di farmacovigilanza, cui è preposta l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), che raccoglie e valuta tutte le segnalazioni di eventi avversi.

Quanto, in particolare, alla farmacovigilanza sui vaccini contro il Sars-CoV-2, l'ultimo Rapporto ad oggi disponibile (il Nono, pubblicato il 12 ottobre 2021 sul sito dell'AIFA), espone i dati aggiornati al 26 settembre 2021 e ricavati dalla somministrazione di 84.010.605 dosi di vaccino in Italia.

Gli eventi avversi – e, cioè, gli episodi sfavorevoli verificatisi dopo la somministrazione, a prescindere dalla riconducibilità alla stessa dal punto di vista causale – sono stati 101.110, con un tasso di segnalazione – misura del rapporto fra il numero di segnalazioni inserite nel sistema di farmacovigilanza e numero di dosi somministrate – pari a 120 ogni 100.000 dosi. Di queste, solo il 14,4% ha avuto riguardo ad eventi gravi, con la precisazione che ricadono in tale categoria, definita in base a criteri standard, conseguenze talvolta non coincidenti con la reale gravità clinica dell'evento, mentre l'85,4% si riferisce a eventi non gravi, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia/stanchezza, dolori muscolari. Di tutte le segnalazioni gravi (17 ogni 100.000 dosi somministrate) solo il 43% di quelle esaminate finora è risultata correlabile alla vaccinazione. Si tratta di dati comparabili a quelli emersi in esito all'attività di farmacovigilanza condotta sugli altri vaccini esistenti (alcuni dei quali già oggetto di somministrazione obbligatoria ai sensi del D.L. n. 73 del 2017), che sono parimenti consultabili sul sito dell'AIFA, nello specifico rapporto pubblicato.

La sentenza non richiama i casi dei decessi di cui si dà conto a p. 13 del soprarichiamato Rapporto AIFA (0,2 casi ogni milione di dosi somministrate).

 

Il Consiglio di Stato tiene conto del fatto (punto 30.1) che "nell'odierna situazione emergenziale, almeno fino al 31 dicembre 2021, le misure per il contenimento del contagio richiedono alle autorità sanitarie un intervento pronto e risoluto, ispirato alla c.d. amministrazione precauzionale, la quale deve necessariamente misurarsi con quello che, in dottrina, è stato definito il c.d. ignoto irriducibile, in quanto ad oggi non si dispone di tutti i dati completi per valutare compiutamente il rapporto rischio/beneficio nel lungo periodo, per ovvi motivi, e questa componente, appunto, di ignoto irriducibile, pur con il massimo – ed encomiabile – sforzo profuso dalla ricerca scientifica, reca con sé l'impossibilità di ricondurre una certa situazione fattuale, interamente, entro una logica di previsione ex ante fondata su elementi di incontrovertibile certezza".

 

L'obbligatorietà della vaccinazione – prosegue la Sentenza al punto 35 - è "una questione più generale che, oltre ad implicare un delicato bilanciamento tra fondamentali valori, quello dell'autodeterminazione e quello della salute quale interesse della collettività anzitutto secondo una declinazione solidaristica, investe lo stesso rapporto tra la scienza e il diritto".

 

Peraltro, (punto 32.4 della Sentenza) "La Corte costituzionale, nella sua giurisprudenza (v., tra tutte, proprio la sentenza n. 5 del 18 gennaio 2018, ma anche la sentenza n. 258 del 23 giugno 1994, già richiamata, e la sentenza n. 307 del 22 giugno 1990), ha precisato che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l'art. 32 Cost.: se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili; e se, nell'ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria".