segnalazione 25 settembre 2020
Studi - Affari esteri Mediterraneo allargato, n. 14, a cura dell'Istituto per gli Studi di Politica internazionale (ISPI),settembre 2020

Nell'ambito dell'Osservatorio di politica internazionale, è stato pubblicato il seguente studio: Mediterraneo allargato n. 14, a cura dell'ISPI, settembre 2020

EXECUTIVE SUMMARY

Negli ultimi mesi, l'area del Mediterraneo allargato ha continuato a essere teatro di crisi e confronti, ove si intrecciano con sempre maggior forza gli interessi degli attori regionali e internazionali. Nel Mediterraneo orientale, le ambizioni turche si scontrano con la nuova intesa sulle rispettive Zone economiche esclusive (Zee) firmata tra Egitto e Grecia; in gioco vi sono tanto i giacimenti di gas della regione quanto la sua funzione di fondamentale snodo geopolitico, ove la Turchia sta affermando il proprio ruolo in modo assertivo, così come sta facendo anche sullo scenario libico.

In generale, la Libia continua a essere spartita tra diversi attori internazionali, che fanno prevalere i propri interessi su quelli locali e sembrano contribuire alla progressiva disgregazione del paese; negli ultimi mesi, la situazione si è evoluta a favore del Governo Accordo Nazionale (Gna) di Tripoli, sostenuto con forza da Ankara, che anche qui si muove su un fronte opposto al Cairo. L'annuncio delle dimissioni del leader del Gna, Fayez al-Serraj, apre un nuovo scenario per il paese.

Anche in Siria il peso degli attori esterni, quali Russia, Iran, Turchia e Usa, è esponenziale, mentre l'élite politica e militare locale appare sempre più indebolita e presenta una crescente conflittualità interna; d'altro canto, anche le varie milizie ribelli che operano nella regione di Idlib sono lungi dal rappresentare un fronte comune.

In Yemen, la tregua appare ancora lontana: in un contesto sempre più frammentato tra governo riconosciuto, Consiglio di transizione del Sud (Stc) e forze huthi, il profondo coinvolgimento di attori esterni in primis Arabia Saudita e Eau – espone la scena yemenita all'impatto delle svolte nella politica regionale. Tra queste, la più incisiva degli ultimi mesi è senza dubbio rappresentata dalla normalizzazione dei rapporti tra Israele e Eau in agosto, seguita a settembre da quella con il Bahrain. Questi accordi, mediati dagli Usa, potrebbero rappresentare una sorta di apripista per altre intese tra Tel Aviv e gli attori arabi, in particolare tra le monarchie del Golfo. Più che un passo verso la pace medio  orientale,  questo processo sembra  rispondere  a  logiche geopolitiche e strategiche tanto degli attori locali coinvolti quanto di Washington, ove l'amministrazione Trump agli sgoccioli sembra voler segnare gli ultimi punti a suo favore in politica estera; in questa dinamica, grande assente è la parte palestinese, i cui interessi non sembrano esser stati presi in considerazione.

Questo clima di fermento a livello regionale si unisce, chiaramente, alle serie conseguenze sanitarie e socio-economiche  della pandemia da Covid-19, che pesano  tanto su contesti gravemente disastrati dalle guerre come in Siria, Libia, Yemen o Iraq – quanto in generale sui delicati equilibri socio-economici della regione, mettendone in luce i problemi e le carenze strutturali. Le previsioni economiche piuttosto negative si susseguono dunque da est a ovest, dall'Iran al Marocco, aumentando il rischio dell'insorgere di tensioni sociali, a maggior ragione in quei paesi ove i mesi pre-confinamento sono stati caratterizzati da vocali manifestazioni anti-sistemiche, come l'Algeria, l'Iraq o il Libano. In quest'ultimo in particolare, l'avanzata crisi politico-istituzionale e finanziaria si è aggravata ulteriormente in seguito alla violentissima esplosione avvenuta a inizio agosto nel porto di Beirut, che ha causato quasi duecento vittime e sta avendo un impatto devastante tanto sulla fragile economia locale quanto sull'ormai inesistente fiducia della popolazione libanese verso l'élite al governo.

Anche in Iran, che si conferma il paese più colpito dalla pandemia nella regione, la situazione è piuttosto critica: al pesante bilancio della crisi da Covid-19, si aggiungono infatti le severe conseguenze socioeconomiche delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti. In quest'ottica, le evoluzioni alla Casa Bianca sono seguite con particolare attenzione da Teheran.