segnalazione 14 agosto 2020
Studi - Finanze Imposta di registro e legittimità dei limiti alla riqualificazione degli atti

 

La sentenza della Corte costituzionale n. 158 del 21 luglio 2020, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 20 del d.p.r. n. 131 del 1986. In sintesi si ricorda che la Corte di Cassazione aveva sollevato dubbi di legittimità costituzionale della norma citata nella parte in cui dispone che: nell' applicare l'imposta di registro, secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell'atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o forma apparente, si debbano prendere in considerazione unicamente gli elementi desumibili dall'atto stesso, prescindendo da quelli extratestuali e degli atti ad esso collegati.  La Corte Costituzionale intervenendo nel merito ha evidenziato come il legislatore ha inteso, attraverso un esercizio non manifestamente arbitrario della propria discrezionalità, riaffermare la natura di imposta d'atto dell'imposta di registro, precisando l'oggetto dell'imposizione in coerenza con la struttura di un prelievo sugli effetti giuridici dell'atto presentato per la registrazione, senza che assumano rilievo gli elementi extratestuali e gli atti collegati privi di qualsiasi nesso testuale con l'atto medesimo, salvo le ipotesi espressamente regolate dal testo unico. L'imposta di registro, pertanto, come imposta d'atto è ricondotta nel suo alveo originario, dove l'interpretazione, in linea con le specificità del diritto tributario, risulta circoscritta agli effetti giuridici dell'atto presentato alla registrazione (ovverosia al gestum, rilevante secondo la tipizzazione stabilita dalle voci indicate nella tariffa allegata al testo unico), senza che possano essere svolte indagini circa effetti ulteriori.

Tale pronuncia dovrebbe porre fine a un consistente numero di contestazioni basate sulla concatenazione obiettiva degli atti nonché sulla riqualificazione dell'atto presentato alla registrazione.