segnalazione 27 maggio 2019
Studi - Affari esteri OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE Focus n. 10: Mediterraneo allargato, a cura dell'ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale)

Nell'ambito dell'Osservatorio di politica internazionale, è stato pubblicato il Focus n. 10 "Mediterraneo allargato", maggio 2019, curato dal dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale - ISPI.

Lo studio esamina la situazione dell'area geografica che include le regioni del Mediterraneo e del Medio Oriente, che continua a essere caratterizzata da un contesto di generale instabilità, con la presenza di innumerevoli focolai di crisi i cui effetti si riverberano sui paesi confinanti e, in taluni casi, anche sul piano regionale.

Viene esaminata la situazione della Siria, dove il protrarsi della guerra civile continua a rappresentare la situazione di maggior gravità, soprattutto dal punto di vista umanitario, a causa della recente escalation militare condotta dalle forze fedeli al regime di Bashar al-Assad nella provincia nord-occidentale di Idlib, di fatto l'ultima roccaforte dell'opposizione armata. Sostenuta da raid aerei russi e dalla partecipazione di milizie filo-iraniane, l'azione di Assad serve anche a diminuire la pressione sul regime causata dalla crisi economico-energetica che sta fortemente penalizzando la vita nei territori sotto il suo controllo. Un aspetto degno di nota, poi, riguarda il sostanziale fallimento delle misure previste dall'accordo di Sochi siglato tra Russia e Turchia lo scorso settembre, nello specifico la creazione di una zona di de-escalation e l'impegno da parte di Ankara a marginalizzare le milizie jihadiste ancora presenti nell'area.

L'altro principale teatro di crisi regionale è la Libia, che sembra essere nuovamente precipitata in una spirale di caos e violenza dopo la decisione del generale Khalifa Haftar, uomo forte del parlamento di Tobruk, di lanciare un'offensiva militare per conquistare la capitale Tripoli controllata dalle milizie fedeli al Governo di Accordo Nazionale, guidato da Fayez al-Serraj e sostenuto dalle Nazioni Unite. Mentre il processo di dialogo portato avanti fin qui dall'Onu appare di fatto compromesso, anche a causa delle divisioni in seno alla comunità internazionale, il coinvolgimento di vari paesi a favore di una o dell'altra parte è sintomatico del più ampio intreccio di rivalità a livello regionale.

Quanto alla penisola arabica, emerge soprattutto la crescente tensione tra l'Iran e gli Stati Uniti, che coinvolge, oltre all'Arabia Saudita, principale rivale di Teheran nella regione, anche l'Iraq, dove Washington e la Repubblica Islamica mantengono risorse e interessi strategici particolarmente rilevanti. Consapevole della propria posizione di mezzo e alle prese con un complicato processo di ricostruzione interna, Baghdad sta infatti tentando di rimanere fuori dallo scontro, attuando una politica estera di mediazione che mira a stabilire rapporti amichevoli con tutti i propri vicini. Dal canto suo, l'Iran sta attraversando una fase molto delicata, in cui l'equilibrio tra stabilità interna e capacità di resistere alle misure sanzionatorie sempre più severe adottate dagli Stati Uniti appare precario. Questa strategia americana di "massima pressione", peraltro, non solo sta inficiando l'implementazione dell'accordo sul nucleare anche per i paesi europei che lo hanno sottoscritto – mentre Washington ne è uscita – ma sta favorendo anche un "riorientamento" della politica estera iraniana verso una maggiore cooperazione con potenze quali Cina e India, a chiaro sfavore degli interessi statunitensi. Per quanto riguarda l'Arabia Saudita, le diverse iniziative riformatrici promosse dal principe Mohammad bin Salman, seppur disparate e in parte contraddittorie, mirano a favorire un processo di modernizzazione dall'alto che non danneggi la centralità e il potere della monarchia, inserendo altresì il paese nelle dinamiche sempre più globalizzate della regione. Non a caso, la politica estera di Riyadh ha subito un'accelerazione in termini di apertura verso nuove partnership e rivitalizzazione di vecchi rapporti, soprattutto dal punto di vista economico.

Quanto all'Algeria dopo la rinuncia di Bouteflika a correre per un quinto mandato alle elezioni presidenziali previste ad aprile, e poi rinviate al 4 luglio, le pressanti richieste della piazza per ottenere una svolta democratica e la fine del regime hanno indotto le forze armate, da sempre garanti della stabilità interna - ma comunque legate a doppio filo con il regime – a guidare un ricambio della classe dirigente che però non sembra avere ancora soddisfatto la popolazione.

Quanto all'Egitto, va segnalato che il capo di stato Abdel Fattah al-Sisi ha rafforzato ulteriormente la propria presa sul potere vincendo un contestato referendum costituzionale che gli consente di rimanere in carica fino al 2030. Secondo molti osservatori questo evento segnerebbe di fatto la fine di qualsiasi eredità rivoluzionaria e rischia, inoltre, di aprire una nuova stagione di restaurazione autoritaria.

In Israele, sul piano interno la vittoria alle elezioni di aprile ha permesso al premier uscente, Benjamin Netanyahu, di diventare il più longevo leader israeliano al governo. Da una prospettiva internazionale, invece, l'Iran continua a essere percepito come il principale tema di politica estera.

 

Quanto alla Turchia, come la maggior parte dei paesi mediorientali si trova in bilico tra importanti ambizioni di rilancio sul piano regionale e la realtà dell'attuale contesto geopolitico, in cui le ambizioni e gli interessi vengono spesso frustrati e disattesi dagli sviluppi reali. Sul piano interno hanno tenuto bancio le recenti elezioni amministrative, soprattutto alla luce della perdita delle principali città del paese – inclusa Istanbul – da parte dell'Akp, il partito di Erdoğan, che si è comunque confermato primo partito a livello nazionale con il 45% delle preferenze. La riconta dei voti ad Istanbul, decisa dalla Commissione elettorale su richiesta dello stesso Akp, ha però riacceso forti polemiche con l'opposizione. In politica estera Ankara mantiene il proprio focus principale sul vicino teatro siriano, dove i recenti sviluppi denotano un conflitto d'interessi con gli altri grandi player internazionali, Russia e Iran. Oltre a ciò, la frizione con gli Stati Uniti dovuta all'acquisto dei missili S400 russi sta evidenziando una certa insofferenza turca verso la politica occidentale nella regione.

L'Osservatorio di politica internazionale è un progetto di collaborazione tra Senato della Repubblica, Camera dei deputati e Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, che si avvale del contributo di Istituti di studi internazionalistici per la realizzazione di studi e documentazioni a supporto dell'attività parlamentare. Tutti i prodotti dell'Osservatorio sono disponibili in formato PDF sul sito del Parlamento.