Gli strumenti di sostegno finalizzati alla creazione e allo sviluppo di imprese a prevalente o totale partecipazione femminile nei settori della produzione dei beni e dell'erogazione dei servizi si sostanziano prevalentemente in misure volte a sostenerne lo sviluppo attraverso migliori condizioni per l'accesso al credito. Il presente tema mira a delineare un quadro generale delle misure di sostegno e di incentivazione previste dall'ordinamento italiano in tale settore.
Normativa vigente
Il D.L. 145/2013 , c.d. Piano "Destinazione Italia" (convertito in legge n. 9/2014
) ha operato una riforma della disciplina degli incentivi all'imprenditorialità nei settori della produzione dei beni e dell'erogazione dei servizi, attraverso l'inserimento del Capo 01 nel D.Lgs. n. 185/2000, recante misure in favore della nuova imprenditorialità nei settori della produzione dei beni e dell'erogazione dei servizi, di misure finalizzate a sostenere la creazione di micro e piccole imprese a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile e a sostenerne lo sviluppo attraverso migliori condizioni per l'accesso al credito. Gli incentivi sono applicabili in tutto il territorio nazionale: è stata infatti soppressa la disposizione che ne limitava l'applicazione alle aree svantaggiate del Paese.
È stata specificamente destinata agli interventi a favore delle imprese femminili una quota pari a 20 milioni di euro a valere sul Fondo di garanzia PMI alla Sezione speciale "Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le pari opportunità" istituita presso il medesimo Fondo (articolo 2, comma 1-bis).
La Sezione speciale "Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le pari opportunità" del Fondo centrale di garanzia per le PMI è stata costituita, nell'ambito del Fondo di garanzia per le PMI, con una Convenzione stipulata in data 14 marzo 2013 tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le pari opportunità, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e finanze, poi approvata con decreto del 15 aprile 2013 . Si tratta di uno strumento di incentivazione dell'imprenditoria femminile che mira a facilitare l'accesso al credito delle donne mediante la concessione di una garanzia pubblica. L'impresa femminile che si rivolge alla Sezione speciale non ottiene un contributo in denaro, ma ha la possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive sugli importi garantiti dal Fondo. La Sezione speciale offre infatti alle imprese femminili e alle professioniste la possibilità di prenotare direttamente la garanzia dello Stato attraverso l'invio di apposito modulo (voucher di prenotazione) al Gestore del Fondo tramite posta (raccomandata A/R o posta elettronica certificata) e la priorità di istruttoria e di delibera da parte del Comitato di gestione del Fondo.





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l'indirizzo, la proposta e il coordinamento delle iniziative normative e amministrative in tutte le materie attinenti alla progettazione e alla attuazione delle politiche di pari opportunità;
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l'acquisizione e l'organizzazione di informazioni, anche attraverso la costituzione di banche dati, nonché la promozione e il coordinamento delle attività conoscitive, di verifica, di controllo, di formazione e informazione nelle materie della parità e delle pari opportunità;
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l'adozione e il coordinamento delle iniziative di studio e di elaborazione progettuale inerenti le problematiche della parità e delle pari opportunità;
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la definizione di nuove politiche di intervento, di studio e promozione di progetti ed iniziative, nonché di coordinamento delle iniziative delle amministrazioni e degli altri enti pubblici nelle materie della parità e delle pari opportunità;
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l'indirizzo e il coordinamento delle amministrazioni centrali e locali competenti, al fine di assicurare la corretta attuazione delle normative e degli orientamenti governativi nelle materie della parità e delle pari opportunità;
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la promozione delle necessarie verifiche in materia da parte delle amministrazioni competenti, anche ai fini della richiesta, in casi di particolare rilevanza, di specifiche relazioni o del riesame di particolari provvedimenti ai sensi dell'art. 5, comma 2, lettera c), della legge 23 agosto 1988, n. 400;
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l'adozione delle iniziative necessarie all'adeguamento dell'ordinamento nazionale ai principi ed alle disposizioni dell'Unione europea e per la realizzazione dei programmi comunitari nelle materie della parità e delle pari opportunità;
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la cura dei rapporti con le amministrazioni statali, regionali, locali, nonché con gli organismi operanti in materia di parità e di pari opportunità in Italia e all'estero, con particolare riguardo all'Unione europea, all'Organizzazione mondiale delle Nazioni Unite, al Consiglio d'Europa e all'OCSE;
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l'adozione delle iniziative necessarie alla rappresentanza del Governo italiano, in materia, nei rapporti internazionali e in organismi nazionali e internazionali, anche mediante la designazione di rappresentanti;
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l'organizzazione ed il funzionamento della segreteria della Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna;
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l'acquisizione e l'organizzazione di informazioni, anche attraverso banche dati, nonché la promozione di iniziative conseguenti, in ordine alle materie della prevenzione, assistenza e tutela dei minori dallo sfruttamento e dall'abuso sessuale dei minori oggetto della delega di funzioni al Ministro di cui all'art.2, comma 1, del D.p.c.m. 14 febbraio 2002;
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lo svolgimento delle funzioni di cui art. 7 del decreto legislativo 9 luglio 2003 n.215 e all'art. del D.P.C.M. 11 dicembre 2003, recanti disciplina dell'ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni di cui art. 29 della legge comunitaria 1 marzo 2002, n.39.
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le funzioni di monitoraggio e vigilanza sull'attuazione della legge 12 luglio 2011, n. 120 , concernente "la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società' quotate in mercati regolamentati", al fine di assicurare il raggiungimento di un'adeguata rappresentatività di genere nelle attività economiche ed una più incisiva presenza femminile nella governance delle imprese sotto il controllo di Pubbliche Amministrazioni;
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i compiti connessi alla promozione, analisi, controllo e sostegno della parità di trattamento nell'accesso a beni e servizi e loro fornitura, in attuazione della direttiva 2004/113/CE.
Con il decreto 27 marzo 2015 , di approvazione dell'Atto aggiuntivo alla Convenzione
, la possibilità di accedere agli interventi della Sezione speciale è stata estesa anche alle professioniste iscritte agli ordini professionali e a quelle aderenti alle associazioni professionali iscritte nell'elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico.
La dotazione iniziale della Sezione speciale, pari a 10 milioni di euro, è stata, come già detto, incrementata di ulteriori 20 milioni di euro dal decreto-legge n.145/2013. Di recente, il Dipartimento per le pari opportunità ha versato ulteriori risorse, per un importo di 4 milioni di euro sulla Sezione, che si aggiungono alla dotazione complessiva della stessa pari a 30 milioni di euro. Una quota pari al 50% della dotazione della Sezione speciale è riservata alle imprese femminili start up. La dotazione della Sezione copre la concessione di agevolazioni nella forma di garanzia diretta, di cogaranzia e di controgaranzia, a copertura di operazioni finanziarie finalizzate all'attività di impresa o alla professione poste in essere da imprese femminili e da professioniste. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 27 dicembre 2013 sono state previste modalità semplificate di accesso al Fondo in relazione alle operazioni finanziarie riferite ad imprese femminili. Beneficiarie delle agevolazioni sono le micro, piccole e medie imprese (PMI), iscritte nel Registro delle imprese, che rientrino nella definizione di impresa femminile di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge 25 febbraio 1992, n. 215, ossia: le società cooperative e società di persone costituite in misura non inferiore al 60% da donne; le società di capitali le cui quote di partecipazione spettino in misura non inferiore ai due terzi a donne e i cui organi di amministrazione siano costituiti per almeno i due terzi da donne; le imprese individuali gestite da donne; le professioniste iscritte agli ordini professionali, nonché a quelle aderenti alle associazioni professionali iscritte nell'elenco tenuto dal MiSE ai sensi della legge n. 4/2013. Non sono previsti limiti di età.
Per approfondimenti si veda il link http://www.fondidigaranzia.it/femminili.html
Si segnalano, al riguardo, anche i dati, aggiornati al 31 dicembre 2017, riportati nella Relazione sulla Sezione speciale del Dipartimento per le Pari Opportunità, che delineano la situazione connessa all'operatività complessiva del Fondo di garanzia per le PMI a sostegno del sistema imprenditoriale femminile, con un focus per gli anni 2015, 2016 e 2017. In particolare, vi si segnala che dall'inizio dell'operatività del Fondo (gennaio 2000), le imprese a prevalente partecipazione femminile dallo stesso garantite risultano 91.905, per un ammontare di finanziamenti accolti pari a 7,1 miliardi di euro e un importo garantito pari a 4,5 miliardi di euro. Si evidenzia altresì una dinamica positiva in relazione al numero di domande accolte negli anni: nel 2015 (11.951 domande, +14,1% rispetto al 2014, per un ammontare di finanziamenti pari a 908,2 milioni di euro e un importo garantito complessivo pari a 600,6 milioni di euro, +10,6% rispetto al 2014); 2016 (13.123 domande accolte, + 9,8% rispetto al 2015, per un ammontare di finanziamenti pari a 990,8 milioni di euro, +9,1% rispetto al 2015, e un importo garantito pari a 672,6 milioni di euro, +12,0% rispetto al 2015); al 31 dicembre 2017 le domande accolte sono pari a 13.912 (+6,2% rispetto al 31/12/2016) per un ammontare di finanziamento pari a 1,2 miliardi di euro (+17,1% rispetto al 31/12/2016) e un importo garantito pari a 800 milioni di euro (+19,6% rispetto al 31/12/2016)
Si segnala, infine, il Protocollo d'intesa per lo sviluppo e la crescita dell'imprenditorialità e dell'autoimpiego femminili , promosso dal Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, insieme al Ministero dello Sviluppo Economico, sottoscritto dall'ABI, Confindustria, Confapi, Rete Imprese Italia e Alleanza delle cooperative italiane, il quale prevede un piano di interventi a sostegno dell'accesso al credito per le oltre 1.400.000 imprese a prevalente partecipazione femminile e per le lavoratrici autonome. Il Protocollo, siglato il 4 giugno 2014 e prorogato il 16 febbraio 2016, prevede un piano di interventi a sostegno dell'accesso al credito delle imprese femminili e delle lavoratrici autonome, che le banche e gli intermediari finanziari aderenti si sono impegnati ad attuare. In dettaglio, possono accedere al piano di interventi previsti dal Protocollo, le micro, piccole e medie imprese (PMI), iscritte al Registro delle imprese, che rientrino nella definizione di impresa femminile di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge 25 febbraio 1992, n. 215
, ossia: società cooperative e società di persone costituite in misura non inferiore al 60% da donne; società di capitali le cui quote di partecipazione spettino in misura non inferiore ai due terzi a donne e i cui organi di amministrazione siano costituiti per almeno i due terzi da donne; imprese individuali gestite da donne. Vi possono accedere, infine, le lavoratrici autonome e le lavoratrici libere professioniste, appartenenti a qualsiasi settore, senza alcuna eccezione. Infine, non sono previsti limiti di età.
Agevolazioni a favore delle micro e piccole nuove imprese a partecipazione giovanile o femminile.
In attuazione di quanto previsto dall'art. 24 del D. Lgs. n. 185/2000 e successive modificazioni, è stato emanato il D.M. 8 luglio 2015, n. 140 (Regolamento recante criteri e modalità di concessione delle agevolazioni di cui al Capo 0I del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185
) del Ministero dello Sviluppo Economico (di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze). Esso regola i criteri e le modalità di concessione delle agevolazioni riservate a micro e piccole nuove imprese a partecipazione giovanile o femminile. I programmi di investimento sono agevolati con un finanziamento a tasso zero, a copertura del 75% delle spese ammissibili. I progetti finanziabili dovranno essere caratterizzati da elementi quali: a) l'adeguatezza e la coerenza delle competenze possedute dai soci, per grado di istruzione ovvero pregressa esperienza lavorativa, rispetto alla specifica attività prevista dal piano d'impresa; b) la capacità dell'iniziativa di presidiare gli aspetti del processo tecnico-produttivo e organizzativo; c) l'introduzione di soluzioni innovative sotto il profilo organizzativo, produttivo o commerciale; d) le potenzialità del mercato di riferimento, vantaggio competitivo dell'iniziativa proponente e relative strategie di marketing; e) la sostenibilità economica e finanziaria dell'iniziativa, con particolare riferimento all'equilibrio e alla coerenza nella composizione interna delle spese ammissibili. L'art. 23 del citato D. Lgs. n. 185/2000 attribuisce all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.a. - Invitalia il compito di provvedere alla selezione ed erogazione delle agevolazioni previste dal decreto medesimo.
Dati statistici sulle imprese femminili
Secondo i dati tratti dal 3° Rapporto nazionale sulla imprenditoria femminile "Impresa in genere" di Unioncamere, al 21 giugno 2016 le imprese femminili si attestano a 1.312.000 (il 21,7% del totale), dando lavoro a quasi 3 milioni di persone.
Tra il 2010 e il 2015, l'aumento delle imprese femminili (+35.000) rappresenta il 65% dell'incremento complessivo dell'intero tessuto imprenditoriale italiano (+53.000 imprese) nello stesso periodo. Le imprese femminili si caratterizzano per essere più dinamiche (+3,1% il tasso di crescita nel periodo a fronte del +0,5% degli imprenditori uomini), ma anche sempre più digitali e innovative, più giovani, più multiculturali: tra il 2010 e il 2015, le imprese femminili legate al mondo digitale sono aumentate del 9,5% contro il +3% del totale.
In valori assoluti, il settore dell'Information and Communication Technology (ICT) a trazione femminile è aumentato di circa 1.800 unità, passando dalle 18.700 del 2010 alle 20.500 del 2015. Anche nel mondo delle startup innovative i progressi sono evidenti: se nel 2010 le startup innovative femminili erano solo il 9,1% del totale, nel 2014 sono diventate il 15,4%, pari a circa 600 imprese. Tra le attività maggiormente diffuse, la produzione di software e consulenza informatica (pari al 24,3% del totale delle start up femminili), ricerca e sviluppo (17,4%) e fornitura di servizi di ICT (13,7%).
Nel complesso, l'universo dell'impresa femminile riflette lo stesso processo di terziarizzazione in atto in tutto il sistema produttivo nazionale: le aziende "rosa" nei servizi sono aumentate in 5 anni del 6,2% (+42.500) mentre sono diminuite del 13,4% (-32.600) nel settore primario e dell'1% (-800) nel manifatturiero.
Nel terziario l'aumento delle imprese femminili ha riguardato quasi tutti i comparti, a cominciare da turismo (+17,9%; +15.200), sanità-assistenza sociale e istruzione (+21% in entrambi i casi; rispettivamente +2.100 e +1.300), cultura-intrattenimento (+12,8%; +1.700).
Nel manifatturiero, avanza l'alimentare grazie all'aumento del 13% di imprese femminili.
La maggiore velocità di espansione delle imprese guidate da donne, rispetto a quelle maschili, si riscontra in tutte le aree del paese: Nord-Ovest (+3,4 contro -0,5%), Nord-Est (+2,6 contro -2,6%), Centro (+6,3 contro +4%), Meridione (+1,4 contro +0,8%).
Tra le caratteristiche del sistema produttivo al femminile anche la più diffusa presenza di giovani e di donne provenienti da altri Paesi. Quasi 14 imprese femminili su 100 sono guidate infatti da under 35 (circa 178mila in valore assoluto), a fronte delle circa 10 su 100 tra le imprese maschili. Nel 2014, poi, le imprese straniere femminili sono più di 121mila (9,3% del totale delle imprese capitanate da donne), mentre tra quelle maschili le imprese straniere sono l'8,5% del totale. Ampia la presenza straniera nel settore della moda, dove quasi 30 imprese su 100, fra quelle femminili, sono straniere (quasi 10mila in valore assoluto), mentre sono solo 17 su 100 tra quelle maschili. Cina, Romania e Marocco sono le comunità straniere prevalenti all'interno dell'economia femminile del Paese. Le imprenditrici cinesi primeggiano nel sistema moda e in quello dei servizi. Le comunità imprenditoriale rumena e marocchina, invece, nel settore delle costruzioni.
Per quanto mediamente piccole di dimensioni (sono 2,2 gli addetti medi per impresa nel caso delle aziende femminili contro i 3,9 di quelle maschili), le imprese femminili danno un contributo formidabile all'occupazione del Paese.
Sono quasi 3 milioni gli addetti che lavorano all'interno delle attività a trazione femminile, pari al 13,4% del totale degli addetti nel settore privato.
Anche sotto il profilo occupazionale la crisi è stata un po' meno dura per le donne. Tra il 2010 e il 2014, secondo i dati Istat, l'occupazione femminile è aumentata (+1,7%; pari a +156mila lavoratrici), dimostrandosi in controtendenza rispetto alla flessione subita da quella maschile (-3,8%; -498 mila). Marcato soprattutto l'aumento delle occupate laureate (+15,8%; +324mila), superiore alla corrispondente media Ue (+14,3%). A questa dinamica si contrappone la contrazione delle occupate con al massimo la licenza media (-8,2%; -205mila) e il lieve incremento di quelle con diploma (+0,8%; +37 mila).
L'occupazione giovanile femminile (15-34 anni), però, ha subito una significativa flessione (-15,4%; -392 mila in valori assoluti) che, per quanto più contenuta di quella maschile (-18,8%), si è dimostrata ben più elevata della media europea (-4,4%).
Ad oggi, comunque, tutte le classifiche relative al lavoro femminile vedono l'Italia in posizioni critiche: il nostro Paese registra uno dei tassi di disoccupazione femminile più elevati (13,8% nel 2014), peggiori solo in Grecia, Spagna, Croazia, Cipro e Portogallo. Solo la Grecia sta peggio di noi nella classifica Ue per tasso di occupazione femminile, mentre nella classifica per tasso di inattività femminile, l'Italia è al secondo posto, dopo Malta, con una quota del 45,6% (a fronte di una media Ue del 33,5%).
Il tasso di inattività, poi, calcolato sulle motivazioni legate a impegni e responsabilità di famiglia (accudimento figli, cura di persone non autosufficienti o anziani.), è per l'Italia superiore alla media europea (11,3 contro 8,3%). E' il terzo valore più elevato fra i 28 paesi comunitari.
Come rilevato nel corso dell'Audizione del Presidente dell'Istat presso la I Commissione della Camera dei deputati, tenutasi lo scorso 25 ottobre 2017 nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche in materia di parità tra donne e uomini, le donne imprenditrici sono 686.389 e rappresentano il 26% del totale degli imprenditori. Circa un terzo (32,1%) delle imprenditrici è titolare di imprese con dipendenti, mentre il resto è composto da lavoratrici in proprio. La quasi totalità delle lavoratrici in proprio (92,1%) è attiva nel settore dei servizi e, in particolare, nel settore "Altri servizi" (che comprende, tra gli altri, i servizi di ristorazione, commercio e alloggio) e nel settore "Servizi di mercato ad alto contenuto di conoscenza". Relativamente più attive nel settore manifatturiero le imprenditrici con dipendenti, in particolare nella "Manifattura a bassa tecnologia".
A tale riguardo, nella medesima audizione si è posto l'accento sul contributo che le donne apportano alla nuova imprenditoria: il 28,4% dei nuovi imprenditori con dipendenti è donna, quota che sale al 30% tra i lavoratori in proprio. Di queste quasi la metà (48,4%) si colloca nei settori dei Servizi tecnologici e di mercato ad alta conoscenza, contro il 39,0% dei neo-imprenditori uomini. Tra gli imprenditori con dipendenti, la differenza di genere nei settori ad alta intensità di capitale è praticamente nulla (17,1% di donne e 17,5% di uomini). Le nuove imprenditrici sono un po' più giovani rispetto ai neo imprenditori, sia tra i lavoratori in proprio (le neo-imprenditrici donne 25-34enni sono il 35,7%, contro il 29,9% degli uomini) sia tra gli imprenditori con dipendenti (22,6 contro 20,5%). In considerazione dei più alti livelli di istruzione delle giovani donne, le neo imprenditrici, oltre ad essere più giovani, sono anche più istruite, anche perché maggiormente inserite in comparti dei servizi in cui l'istruzione è un requisito necessario per l'ingresso nel mondo imprenditoriale. Le maggiori differenze si riscontrano nel possesso di una laurea magistrale: la quota di donne è superiore a quella di uomini, sia tra i lavoratori in proprio (33,6% contro 21,0%), sia tra gli imprenditori con dipendenti (11,7% contro 10,7%).
A tale proposito, appare utile segnalare quanto rilevato dall'Osservatorio per l'imprenditoria femminile di Unioncamere – Infocamere e pubblicato in un comunicato del 23 giugno 2017 in ordine alla più alta presenza di donne a capo delle imprese nel Mezzogiorno. L'indagine, come si evince dalla tabella che segue, evidenzia che le donne imprenditrici del Sud, forti di oltre 474.000 presenze, rappresentano il 36% delle imprese femminili presenti nel nostro Paese. Inoltre, il loro "peso" sull'insieme del tessuto produttivo delle regioni meridionali è maggiore rispetto alle altre circoscrizioni territoriali. Nel Mezzogiorno, infatti, il tasso di femminilizzazione (il rapporto tra il totale delle imprese e la componente femminile) raggiunge quasi il 24%, ossia circa 2 punti percentuali in più del dato medio nazionale (21,75%), ma anche un punto percentuale in più rispetto al Centro (dove si contano 299.000 imprese, con un tasso di femminilizzazione del 22,57%) e quasi 4 punti percentuali in più rispetto al Nord-Est (oltre 231.000 imprese, pari al 20,03% del totale) e al Nord-Ovest (quasi 312.000, con un tasso di femminilizzazione del 19,92%). Il Mezzogiorno è presente con 7 regioni nelle prime 10 posizioni della graduatoria delle imprese per tasso di femminilizzazione: il Molise ha 9.853 imprese guidate da donne (il 28,11% del totale), la Basilicata ne ha 15.956 (il 26,71%), mentre l'Abruzzo ha 37.916 imprese guidate da donne (il 25,78%). Trentino Alto Adige, Lombardia e Veneto sono le regioni nelle quali, al contrario, le imprese a trazione femminile incidono in maniera minore sul totale.

Interessante segnalare, al riguardo, quanto recentemente evidenziato in un Comunicato di Unioncamere del 1° settembre 2017 , con riferimento all'età media delle donne imprenditrici: le donne d'impresa, alla data del 30 giugno 2017, sono "due volte giovani", sia per data di avvio dell'attività sia per incidenza di imprenditrici under 35. Dal 2010 ad oggi sono state create 4 imprese femminili su 10 (solo 3 su 10 imprese maschili, invece, hanno meno di 7 anni). Inoltre, le 162.000 attività guidate da imprenditrici under 35 sono più del 12% del totale delle aziende a trazione femminile (1.325.438), mentre, tra gli uomini, sono l'8,5%. Le 554.000 imprese femminili nate negli ultimi 7 anni stanno lentamente modificando la mappa settoriale e geografica del "fare impresa" delle donne. Si evidenzia, infatti, che alcuni settori in cui la presenza femminile è sempre stata piuttosto consistente sembrano ridurre la propria appetibilità. Primo tra tutti l'agricoltura, in cui si concentra il 16,3% della presenza femminile nell'impresa, ma che rappresenta meno dell'11% delle imprese guidate da donne nate dopo il 2010. Negli ultimi 7 anni si è lievemente rafforzata la componente imprenditoriale delle donne nel turismo e nel commercio, con oltre 64.000 imprese nell'alloggio e nella ristorazione, 26.000 nel noleggio e nelle agenzie di viaggio e 155.000 nel commercio. Queste, complessivamente, rappresentano quasi il 45% delle imprese femminili create dal 2010. Tra le imprenditrici "matricole" aumenta poi l'inclinazione a cimentarsi in alcuni settori dei servizi a minor partecipazione femminile: oltre 13.000 le imprese femminili post 2010 nelle attività finanziarie e assicurative, più di 18.000 nelle attività professionali, scientifiche e tecniche, poco meno di 11.000 nei servizi di informazione e di comunicazione.
La Tabella seguente suddivide le imprese femminili e maschili per anno di iscrizione.
La Tabella seguente suddivide invece le imprese femminili e maschili per regione e tasso di femminilizzazione.

Un focus sul settore turistico
Secondo quanto emerge da un'Analisi elaborata da Confcommercio e Unioncamere/ Isnart del 27 ottobre 2017 sulle imprese femminili nel settore del turismo, presentata in occasione del 4° Forum di Terziario Donna Confcommercio, in Italia, nel secondo trimestre del 2017, svolgono attività turistiche oltre 459.000 imprese, pari al 7,6% delle imprese totali. Di queste, il 29,7% - quasi una su tre – è gestito da donne, contro un tasso medio di femminilizzazione pari al 21,8%. Considerando, invece, l'insieme delle imprese femminili presenti nel sistema economico italiano, quelle incentrate su attività ricettive, ristorative e di intermediazione turistica rappresentano complessivamente oltre il 10% delle imprese totali. Dal 2015 ad oggi, le imprese femminili nel turismo segnano un +4,9%, contro una crescita complessiva della filiera pari al +4,2%: trend a cui contribuisce soprattutto la performance del Sud. In valore assoluto, le imprese femminili nel settore sono più numerose a Roma (10.622 imprese femminili), Milano (5.597), Napoli (5.400), Torino (4.471), Brescia (3.262), Salerno (2.967), Bolzano (2.606), Firenze (2.367), Verona (2.322) e Genova (2.266). Sul totale delle imprese femminili attive nel turismo, l'81,3% è costituito da attività di ristorazione, il 13,8% da servizi di alloggio e il 5% attiene ai servizi di intermediazione svolti da agenzie di viaggio e tour operator.
La Tabella seguente evidenzia, in valori assoluti e in percentuale, il tasso di femminilizzazione in relazione alle imprese femminili nel settore del turismo e negli altri settori.
