Giustizia

Il cognome dei figli

Tra i progetti di legge che non hanno concluso l'iter parlamentare si segnala l'AS. 1628  , già approvato dalla Camera dei deputati (AC. 360 e abb.  ), volto a modificare la disciplina di attribuzione del cognome ai figli.

La posizione della giurisprudenza

Si ricorda che la sentenza 7 gennaio 2014 della CEDU (Cusan e Fazio c. Italia) ha definito la preclusione all'assegnazione al figlio del solo cognome materno una forma di discriminazione basata sul sesso che viola il principio di uguaglianza tra uomo e donna. La Corte rammenta che «l'articolo 8 della Convenzione non contiene alcuna disposizione esplicita in materia di cognome ma che, in quanto mezzo determinante di identificazione personale (Johansson c. Finlandia, n. 10163/02, § 37, 6 settembre 2007, e Daróczy c. Ungheria, n. 44378/05, § 26, 1° luglio 2008) e di ricongiungimento ad una famiglia, ciò non di meno il cognome di una persona ha a che fare con la vita privata e familiare di questa. Il fatto che lo Stato e la società abbiano interesse a regolamentarne l'uso non è sufficiente ad escludere la questione del cognome delle persone dal campo della vita privata e familiare, intesa come comprendente, in certa misura, il diritto dell'individuo di allacciare relazioni con i propri simili». In relazione  all'art. 14 della Convenzione, si legge nella sentenza che «nella sua giurisprudenza, la Corte ha stabilito che per discriminazione si intende il fatto di trattare in maniera diversa, senza giustificazione oggettiva e ragionevole, persone che si trovano, in un determinato campo, in situazioni comparabili»; in relazione al caso dedotto in giudizio «la Corte è del parere che, nell'ambito della determinazione del cognome da attribuire al «figlio
legittimo», persone che si trovavano in situazioni simili, vale a dire il ricorrente e la ricorrente, rispettivamente padre e madre del bambino, siano stati trattati in maniera diversa. Infatti, a differenza del padre, la madre non ha potuto ottenere l'attribuzione del suo cognome al neonato, e ciò nonostante il consenso del coniuge».

Sul tema è più recentemente intervenuta la Corte costituzionale che, con la sentenza n. 286 del 2016, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle disposizioni (artt. 237, 262 e 299 del codice civile; 72, primo comma, del regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238, Ordinamento dello stato civile; e 33 e 34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127) che non consentono ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno.

Il contenuto dell'A.S, 1628

Il testo unificato approvato dalla Camera, che ha arrestato il proprio iter in Senato, modificava la disciplina civilistica in materia di attribuzione del cognome ai figli, prevedendo la possibilità di attribuire a questi ultimi il cognome materno.

In particolare, il provvedimento prevedeva che al figlio nato nel matrimonio, su accordo dei genitori, potesse essere attribuito uno dei seguenti cognomi:

  • il cognome del padre;
  • il cognome della madre;
  • il cognome di entrambi, nell'ordine concordato.

Al mancato accordo conseguiva l'attribuzione, in ordine alfabetico, di entrambi i cognomi dei genitori.

La stessa regola avrebbe dovuto valere per il figlio nato fuori dal matrimonio che venga riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori. Se il figlio è riconosciuto da un solo genitore, ne assume il cognome e laddove l'altro genitore effettui il riconoscimento in un secondo momento (tanto volontariamente quanto a seguito di accertamento giudiziale), il cognome di questi si aggiunge al primo solo con il consenso del genitore che ha riconosciuto il figlio per primo nonché, se ha già compiuto 14 anni, del figlio stesso.

Il testo unificato inoltre:

  • stabiliva che i figli degli stessi genitori, registrati all'anagrafe dopo il primo figlio, portano lo stesso cognome di quest'ultimo;
  • disciplinava l'attribuzione del cognome all'adottato maggiorenne;
  • prevedeva che chiunque abbia due cognomi possa trasmetterne al figlio solo uno, scegliendo liberamente quale dei due;
  • garantiva al figlio maggiorenne, cui sia stato attribuito in base alla legge vigente al momento della nascita il solo cognome paterno o materno, la possibilità di aggiungere al proprio il cognome della madre o del padre.

La riforma doveva applicarsi solo alle dichiarazioni di nascita successive all'entrata in vigore di un apposito regolamento attuativo, da adottarsi entro dodici mesi. In via transitoria sarebbe stato possibile aggiungere il cognome materno ai figli minorenni nati o adottati prima dell'entrata in vigore del regolamento attuativo: ciò in presenza del consenso di entrambi i genitori e del figlio minorenne, qualora abbia compiuto il quattordicesimo anno di età.

Al momento dello scioglimento delle Camere il provvedimento era in corso di esame in Commissione giustizia al Senato.